
Tullio Solenghi e Massimo Lopez (foto di Anna Maniscalco)
«A Vittorio Sgarbi è piaciuto il nostro spettacolo a Ferrara, ma andiamo avanti lo stesso». Il tono della conferenza stampa in cui Massimo Lopez e Tullio Solenghi presentano il loro nuovo show, Dove eravamo rimasti (in cartellone al Teatro Manzoni di Milano dal 19 dicembre fino al 1 gennaio) è allegro, quello di una chiacchierata tra amici. Che è anche l’idea dietro lo spettacolo: poter riallacciare un rapporto festoso con il pubblico dopo la pandemia. «La gente con noi si prende una pausa, la vediamo che si asciuga le lacrime dal ridere», ha detto Solenghi. «Quando inizieranno a piangere per la tristezza cambieremo formula. Con 145 anni in due, abbiamo tutta la vita davanti».
Lo spettacolo – Lo show sarà una carrellata di sketch, video e momenti musicali, accompagnati dalla Jazz Company diretta dal maestro Gabriele Comeglio. Il duo vestirà i panni dello stesso Vittorio Sgarbi per una lectio magistralis, e di Sergio Mattarella in dialogo con papa Bergoglio. Nel mezzo, anche un omaggio all’avanspettacolo e una reintepretazione delle favole alla luce del “politicamente corretto”. È ancora forte la responsabilità di essere stati il Trio, il gruppo comico che tra il 1982 e il 1994 ha portato in tv e in teatro personaggi e scenette diventate popolarissime, come la parodia dei Promessi sposi: «Le persone ci citano ancora le nostre battute». Dove c’è il Trio, c’è anche la memoria della terza componente, Anna Marchesini, scomparsa nel 2016: sarà ricordata in Dove eravamo rimasti con un brano di Alberto Testa «che sembrava scritto per lei». Qualcosa di nuovo viene aggiunto ogni sera: «L’improvvisazione per noi parte già dalla scrittura, in un certo senso tutto quello che ci mettiamo dentro è improvvisato».
Attori sì, vip un po’ meno – Portare lo spettacolo a Milano, dove festeggeranno anche il Capodanno con una replica che termina a mezzanotte, in tempo per il brindisi, ha un significato particolare per entrambi: Lopez ha ricordato di esserci stato mentre era in giro con il suo primo spettacolo, in Il fu Mattia Pascal con Giorgio Albertazzi, nel ’76 («dopo Cristo»), per Solenghi l’inizio era stato in Madre courage, dal dramma di Bertolt Brecht. Interrogati sulla loro carriera, per tutti e due rimane centrale l’aver potuto fare gli attori e basta. Arrivando dalle accademie e dalla militanza nei teatri, hanno detto, «a un certo punto ci è venuta l’orchite dell’ortodossia teatrale», e da lì la voglia di sovvertire tutto con la satira. La fama arrivata nei 12 anni di Trio è stata un effetto collaterale, che sono contenti di aver incontrato quando erano già maturi abbastanza. «Agli inizi della mia carriera non volevo diventare famoso perché non volevo essere intervistato», ha detto Lopez. Anche quando hanno iniziato a riempire le platee con gli spettacoli, in qualche modo si sono persi la parte più glamour della celebrità: le loro giornate erano piene di scrittura, su un divano rosso che è ancora a casa di Lopez. L’imbottitura, hanno scherzato i due, riporta la forma dei loro glutei per le ore passate sopra. Una volta che erano, stranamente, in giro e non a scrivere, ha raccontato Lopez, «Anna se ne è uscita dicendo: “Ho scordato il culo a casa”».