Il cantante e chitarrista Bruce Springsteen, 72 anni. Tra i suoi successi mondiali ci sono The River e Born in the Usa. Foto/ANSA

Bruce Springsteen “le ha suonate” a Bob Dylan. Ma non si parla di una rissa, o del numero di copie vendute e nemmeno della posizione nelle classifiche di tutto il mondo. Secondo Billboard e il New York Times, il Boss avrebbe ceduto alla Sony i diritti delle sue canzoni per 500 milioni di dollari, superando il record di Dylan, fermo ai 300 milioni sborsati da Universal per accaparrarsi la musica del menestrello di Duluth. I due non sono, però, gli unici. Cedere il repertorio musicale a una sola casa discografica è una tendenza in crescita dall’arrivo del Covid, un trend che ha coinvolto anche Shakira, John Lennon, i Dire Straits, Neil Young e Tina Turner.

“Fuori tutto” – Nonostante i tour siano ricominciati dopo lo stop forzato del primo anno di pandemia, l’incertezza sul futuro resta. In alcuni Stati non è ancora possibile esibirsi dal vivo: niente concerti significa entrate ridotte. I live show restano la principale fonte di ricavi per gli artisti, ancora più con il boom delle piattaforme di streaming e con la crisi del disco. I consumatori di musica spendono sempre meno e il mercato quindi si contrae. Per alcuni cantanti vendere i diritti è diventata una necessità economica. Per altri, invece, incide il fattore età o l’incertezza sul futuro rendimento del proprio repertorio e cercano di monetizzare il più possibile. Aretha Franklin e Prince, ad esempio, sono morti senza essersi occupati dell’eredità del loro patrimonio musicale e le contese sono state decise in tribunale.

La corsa agli acquisti – A inizio 2021 i cataloghi di un artista erano stimati tra le 10 e le 18 volte il valore annuale delle royalties, circa il 20% in più rispetto agli anni precedenti. Per questo gli artisti sono più incentivati a vendere adesso. E tra le case discografiche è partita una corsa ai cataloghi. Le major acquistano quelli che ritengono asset musicali stabili nel tempo o il cui valore è addirittura in crescita. I cataloghi di Springsteen, Dylan o Lennon sono investimenti sicuri che possono sopravvivere alle turbolenze del mercato musicale e all’instabilità di quello finanziario. Le etichette discografiche acquistano i diritti d’autore dei cantanti. Questo significa guadagnare da ogni loro utilizzo, dallo streaming alle serie tv, dai film alle cover suonate anche nel piccolo bar di provincia. I discografici diventano di fatto “proprietari” del repertorio musicale di un artista e ne possono decidere autonomamente la ripubblicazione, nuove edizioni fisiche o digitali o la creazione di raccolte.

Il cantautore Bob Dylan, 80 anni. Premio Nobel per la Letteratura nel 2016, è una delle figure più importanti della storia della musica. Foto/ANSA

Vendite multimilionarie – Bruce Springsteen e Bob Dylan sono solo gli ultimi di una lunga lista di artisti che negli ultimi anni hanno ceduto interamente o in parte il loro catalogo musicale. Da Paul Simon a Tina Turner, da Dave Stewart degli Eurythmics a Tom DeeLonge dei Link-182. Nel 2018 l’etichetta Primary Wave ha acquistato i diritti delle canzoni di Bob Marley e l’anno successo si è assicurata la metà di quelli di Whitney Houston. Poi è stato il turno della rock band Imagine Dragons (accordo con Concord Music per più di 100 milioni di dollari), del dj Calvin Harris (a Vine Alternative Investments) e di Taylor Swift (a Shamrock Capital). A novembre 2020 i Killers hanno firmato la vendita del loro catalogo all’azienda di investimenti americana Eldrige. L’anno si è concluso con l’accordo per 100 milioni tra la cantante del Fleetwood Mac Stevie Nicks e Primary Wave e con il record (oggi battuto dal Boss) fissato da Bob Dylan. Nel 2021 Hipgnosis si è assicurata metà dei diritti di Neil Young, oltre a quelli di Shakira.