Ingresso del teatro “Ariston” di Sanremo
foto di Alberto Fassio

L’ora del giudizio. La terza serata è quella che da sempre permette di capire meglio l’efficacia e la vera potenza dei brani in gara. Gli artisti si sono tolti l’emozione della prima esibizione e controllano meglio il palco. Il ritmo della serata ( che è comunque finita tardi) è abbastanza serrato e i 28 big si  esibiscono quasi uno dopo l’altro. In sala Stampa si vocifera di un litigio tra due artiste dietro le quinte. Sarebbero addirittura volati dei bicchieri d’acqua, ma non si riescono a sapere con certezza nè i nomi delle cantanti nè le ragioni del conflitto. Gianluca Grignani insegna a Blanco come gestire un problema tecnico, ma il suo brano continua a non convincere totalmente.

Paola e Chiara, Furore: 7,5
Ormai non è più possibile immaginare una primavera senza il sottofondo di questo brano. È la quota dance che tutti desideravano. Vocalmente non perfette, ma glielo si perdona. La scelta del corpo di ballo è azzeccata e perfetta per i balletti di Tik Tok che contribuiranno alla viralità del brano. Un po’ meno efficace l’abbondanza di brillantini sugli abiti e sul viso. Tormentone.

Mara Sattei, Duemilaminuti: 7
Dopo aver letto il nome del frontman dei Maneskin tra gli autori, ci si aspettava un brano rock o comunque più movimentato. La penna di Damiano David è invece meno efficace delle attese e il brano è una ballad intensa. Piccole contaminazioni elettroniche di ThaSup, fratello di Mara, che rendono la canzone un po’ più al passo coi tempi. L’interpretazione è emozionante, la voce c’è. Il look non è tra i più originali, ma sicuramente la fa brillare. Interessante.

Rosa Chemical, Made in Italy: 8
L’artista ci fa sentire un po’ meno la mancanza di Achille Lauro, presenza fissa degli ultimi Festival. Il brano diverte persino i coristi a cui è affidata l’introduzione. L’interpretazione sfrontata è anche  al di sopra delle aspettative, considerando che questo è il primo Sanremo del cantante. Bello il look, soprattutto per i dettagli in latex. Sfrontato

Gianluca Grignani, Quando Ti Manca il Fiato: 5
L’esibizione inizia in salita. L’artista ferma tutto a metà del brano. «A cinquant’anni ho imparato come si fa, a vent’anni non lo avrei saputo fare» dice e sembra di fatto difendere la reazione di Blanco. Ricomincia, quindi, dopo un problema in cuffia. La situazione è stata gestita bene, ma il brano resta debole. La base è banale, l’emozione e l’intensità del brano non arrivano. Alla fine del brano Grignani esibisce la scritta della camicia “NO WAR”, sembra credere più nell’outfit che nella sua canzone. Peccato.

Levante, Vivo: 7,5
Forse una delle artiste più carismatiche in gara. Il brano ha un ritornello martellante che entra subito in testa “Vivo un sogno erotico, la gioia del mio corpo è un atto magico”. Funziona e l’interpretazione anche, ma nella precedente partecipazione il testo era più incisivo. Carino il look, ma forse un po’ ripetitivo. Determinata.

Tananai, Tango: 8
Evoluzione vocale notevole, ha mantenuto la promessa fatta lo scorso anno e ha studiato canto. Al fascino dell’artista non è indifferente neanche Paola Egonu che prima dell’esibizione gli lancia un’occhiata che parla. La ballad, a livello sonoro più simile al recente successo Abissale, mostra il lato interpretativo di Tananai che si distacca dai tormentoni precedenti. Bello il look, lo valorizza nella sua semplicità. Upgrade.

Lazza, Cenere: 7
Il punto forte di questo brano è la base firmata da Dardust che è sinonimo di qualità e non ha bisogno di presentazioni. L’interpretazione non è speciale, ma per essere il primo Sanremo dell’artista è una buona performance che lo allontana dal mondo rap, rendendolo credibile anche come interprete. Il look un po’ banale. Buon inizio.

Lda, Se Poi Domani: 5,5
Ad Amici si era intuito subito tutto il suo potenziale. Dopo l’ottimo successo di questa estate con Bandana, si presenta al pubblico con una ballad dal vestito elettronico. Ricorda un po’ le musiche di Dj Matrix dei primi 2000. Il testo, tuttavia, è un po’ banale. L’outfit è carino, ma non riesce a risollevare complessivamente l’esibizione. Così così.

Madame, Il Bene nel Male: 8,5
Ulteriore evoluzione sonora dopo l’esordio al Festival con il brano Voce. Un tappeto elettronico e un ritmo serrato, caratterizzano la canzone che martella con un ritornello ossessivo. Grande sicurezza sul palco. Look blu elettrico come la sua performance, ha capito che le donano gli stivali cuissard e non se ne separa più. Il make up la valorizza, senza distogliere l’attenzione dal pezzo. Big.

Ultimo, Alba: 5,5
L’esibizione si apre con lui al pianoforte e ti trasporta subito nel suo mondo. Il pezzo ha una buona intensità, ma non esce per niente dalla sua comfort zone. Potrebbe essere un qualunque singolo della sua carriera. Vocalmente perfetto, ma non è sufficiente. Look migliore rispetto allo smanicato della prima serata. Ordinario.

Elodie, Due: 6,5
La canzone al primo ascolto non aveva convinto. Di certo crescerà con gli ascolti, si sente la preziosa firma di Federica Abbate. Un po’ di stanchezza nella sua esibizione, anche se non ci sono particolari errori a livello vocale. Bello il vestito, da rivedere l’acconciatura. In crescita.

Rain, Supereroi: 6,5
Partenza al pianoforte. La canzone funziona e Mr. Rain dimostra di essere non solo un rapper, ma anche un buon interprete. La scelta del coro di bambini vista e rivista, ma in qualche modo funziona. L’oversize gessato è il giusto compromesso tra Sanremo e lo street wear. Buono. 

Giorgia, Parole Dette Male: 6
Giorgia è una delle interpreti italiane più brave che ci siano. La canzone convince di più rispetto alla prima esecuzione, ma non totalmente. La voce, con un’interpretazione da manuale, riempie tutto il brano che ha un arrangiamento davvero scarno e banale. La jumpsuite di velluto nero è elegante, ma impietosa. Un po’ la invecchia, sarà anche colpa dell’ombretto pastello. Da risentire.

Colla Zio, Non Mi Va: 6
Da Sanremo Giovani ai Big. Sicuri sul palco, hanno voglia di fare casino. Il pezzo è orecchiabile e divertente, ma la base un po’ banale. È comunque quello che si aspettava da loro. Dallo smanicato alla canottiera c’è un problema di coerenza tra i look dei componenti. Scatenati.

Marco Mengoni, Due Vite: 9
Lui gioca un’altra partita. Marco ha trovato la consacrazione proprio con la vittoria del Festival nel 2013 con il brano L’Essenziale. Da lì pioggia di dischi di platino e tour sold out negli stadi. Vocalmente solido e ottima presenza scenica, crede molto nella sua canzone. Il brano non è il più forte della sua discografia, ma quanto basta per assicurargli almeno il podio. Le immagini del testo richiamano situazioni che ognuno di noi ha vissuto. Look total pelle anni ’80 che non gli rende del tutto giustizia. Divo.

Colapesce e DiMartino, Splash: 8
Tornare sul palco dopo un successo travolgente come Musica Leggerissima è davvero complicato, il paragone è dietro l’angolo. Il brano funziona. Ritmo crescente e un testo dal taglio ironico e pungente (“come stronzi galleggiare e non sentire il peso delle aspettative”) che è il marchio di fabbrica del duo siciliano. Orecchiabile, con una spolverata di elettronica. Outfit ok, ma forse non del tutto adatto all’Ariston, più da amici dello sposo di un matrimonio in campagna. Promossi a pieni voti.

Coma Cose, L’addio: 8,5
In conferenza stampa hanno detto che si sposeranno. L’amore che li unisce è proprio il loro punto di forza. Intesa di sguardi e interpretativa, gli occhi lucidi fanno emozionare anche chi li ascolta. L’addio parla della loro storia e insegna che a volte bisogna allontanarsi per potersi ritrovare ancora più forti di prima. Look insolito, ma azzeccato. Romantici.

Leo Gassman, Terzo Cuore: 8
Si sente la mano del frontman dei Pinguini Tattici che ha scritto il pezzo. Una canzone con una base in crescendo e con un ritornello aperto e potente. Esibizione buona, anche se un po’ più imprecisa rispetto alla prima serata. Leo conquisterà sempre più pubblico in queste settimane. Il look è minimal, ma la canottiera si poteva stirare un po’ di più. L’accessorio più bello è il sorriso, meno la catena al collo. Grande Promessa.

Cugini Di Campagna, Lettera 22: 7,5
Testo e musica de La Rappresentante di Lista che unisce la modernità  a un forte richiamo agli anni settanta. Hanno lasciato a casa il falsetto e il ritornello è fortissimo. Un buon debutto sul palco dell’Ariston per un gruppo storico che piacerà anche ai più giovani. Le paillettes sono ormai un marchio di fabbrica e speriamo che lo rimangano. Inaspettati. 

Olly, Polvere: 6
Bassi molto forti nella base e ritmo serrato sono gli ingredienti perfetti per una hit. Lui usa troppo autotune e il testo è un po’ banale, ma il ritornello è immediato. Camicia in raso sbottonata forse non la scelta migliore, ma il rosa gli dona. Acerbo.

Anna Oxa_ Sali (Canto dell’Anima): 6,5
Si sente la sensibilità di Bianconi nel testo. L’interpretazione a livello vocale è strepitosa, ma è quasi un esercizio di stile. Un pezzo complesso (un lamento dell’anima) da portare sul palco, poco vicino ai canoni a cui siamo abituati. Cresce con gli ascolti, ma non convince mai totalmente. Il look streetwear anni ’90 un po’ superato, ma la valorizza di più rispetto alla prima serata. Salirà?

Articolo 31, Un Bel Viaggio: 7,5
Un ritorno molto atteso. Gli eighties e nineties kids di tutta Italia si stringono intorno a questo brano. Sul palco portano esattamente la canzone che ci aspettavamo: un riassunto in stile anni ’90 della loro storia. Riavvolgono la pellicola per ricominciare con una maggiore consapevolezza. Ritornello efficace, in pieno stile Abbate. Il total red è una scelta azzeccata e la tonalità di rosso è decisamente elegante. Bentornati!

Ariete, Mare dei Guai: 6
Il pezzo funziona, è l’esibizione che ancora non gira bene. È molto meno emozionata della prima sera, ma ancora un po’ calante in certi punti. Entrerà nelle playlist di tutti piano piano. Evoluzione del look, il trucco e l’outfit ci restituiscono l’Ariete che conosciamo. Indie.

Sethu, Cause Perse: 7
Ritmo incalzante, con un sottofondo quasi punk. Sethu è sicuro sul palco e porta a casa una buona esibizione. Il ritornello esplosivo. Il blazer in pelle color ghiaccio in sé funziona, ma nel complesso il look è un po’ banale. Buono.

Shari, Egoista: 5,5
Il livello del brano è nettamente superiore rispetto a quello presentato a Sanremo Giovani. L’interpretazione è buona, ma il testo e la base sono già sentiti e un po’ banali. Rischia di essere una canzone anonima. Per lei il palco rappresenta comunque un buon inizio. Il latex rosso resta impresso, ma la impaccia e la scarpa non aiuta. Da rivedere.

GiaNmaria, Mostro: 7
Interpretazione a fuoco, lui sembra perfettamente a suo agio sul palco. Il brano è cresciuto moltissimo al secondo ascolto. Base dal ritmo incalzante e testo tutt’altro che banale. Di certo non c’era però bisogno dell’elastico del pantaloncino che sbuca dai pantaloni. Il bianco è un po’ la sua firma, ma c’è stata un’involuzione rispetto al look della prima serata. Sorpresa.

Modà, Lasciami: 5,5
Chi è nato negli anni ’90 ha cantato almeno una volta nella vita una canzone dei Modà. Ultimamente il gruppo era un po’ in ombra e Sanremo rappresenta per loro un’ottima opportunità per recuperare terreno. Il brano è totalmente nel loro stile. Se fosse uscito 10 anni fa, probabilmente non l’avremmo trovato diverso da altri loro brani. Oggi è però un buon modo per presentarsi di nuovo al grande pubblico. Il gilet scintillante del look fa subito piano-bar. Essenza ritrovata.

Will, Stupido: 5,5
Ballad in stile classico, con qualche rimando allo stile più moderno di Sangiovanni. Will è bravo, ma la canzone non convince totalmente. Alla sciarpa del Manchester United avremmo preferito un “pacco da su”, ma si sa, l’Inghilterra non è famosa per le eccellenze gastronomiche. La camicia funziona, ma l’insieme non ha carattere. Un paio di occhiali rubato alla fine risolleva un po’ tutto. Incerto.