Nella nuova chiesa di Papa Francesco sembrano studiarle proprio tutte per avvicinarsi alla gente e svecchiare un’immagine rovinata da scandali e corruzione. L’ultima trovata, in ordine di tempo, è la decisione di costituire una squadra di cricket, sport molto diffuso nei paesi del Commonwealth britannico e che inizia a emergere, per numero di praticanti, anche in Italia.
La squadra di cricket del Vaticano, St. Peter’s Cricket club, alla quale già circa 300 preti hanno offerto la loro candidatura, è stata presentata ufficialmente lo scorso 21 ottobre dal ministro della cultura della Santa Sede. L’idea è di far partire un campionato interno tra diverse squadre, sullo stesso modello di quello che succede per il calcio con la Clericus Cup, una sorta di campionato del mondo all’interno delle mura vaticane. “Nella Santa Sede sono rappresentati più di 180 paesi di tutto il mondo”, ha detto a Sky News il portavoce del ministro della cultura, Richard Rouse. “La gente viene qui da ogni angolo del globo. La nostra speranza, quando tornano nella loro terra, è che alcuni possano utilizzare il cricket per migliorare le relazioni con la loro comunità e le altre religioni”.
Tra coloro che si sono offerti di far parte del team di cricket vaticano è molto elevata la percentuale di prelati dell’area indiana, continente nel quale il cricket è l’equivalente di quello che per noi è il calcio. Ed è curioso notare come, proprio nel nostro paese, il cricket sia arrivato negli stessi anni in cui ha iniziato ad affermarsi anche lo sport nazionale per eccellenza: il primo cricket club italiano nacque infatti a Genova nel 1893 e si chiamava Genoa Cricket and Football club.
Anche se i due sport hanno seguito destini molto diversi, da qualche anno si registra una nuova tendenza. Ne sono esempi evidenti i tanti immigrati che popolano i parchi delle grandi città muniti di mazze, palline e, in alcuni casi, dei paletti di legno necessari per costruire il wicket, la “porta” del cricket. Sono circa 5.000, oramai, i giocatori amatoriali che, all’infuori di tutte le statistiche ufficiali delle due federazioni, Coni e Uisp, praticano il cricket. “Sono per lo più immigrati, cingalesi, pachistani e indiani, che arrivati in Italia a partire dagli anni ’90 hanno occupato, in maniera assolutamente pacifica ma evidente, gli spazi verdi delle nostre città”, dice Giacomo Fasola, giornalista che insieme ai colleghi Ilario Lombardo e Francesco Moscatelli ha fotografato la nuova tendenza nel libro “Italian cricket club, il gioco dei nuovi italiani”, che sarà presentato il prossimo 18 novembre a Milano.
Calcolando anche gli iscritti ufficiali, secondo Fasola, si arriva a circa 10mila praticanti. “Si tratta ancora di uno sport di nicchia nel nostro Paese, che però pochi sanno essere campione d’Europa in carica”. Una contraddizione che si può spiegare con il fatto che la nostra nazionale è composta per metà di oriundi, sudafricani e australiani, e per metà di immigrati. “E’ interessante come a partire dal cricket si possa ridiscutere il nostro concetto di cittadinanza e di integrazione”, commenta Fasola.
Più o meno quello che avrà pensato Papa Francesco, che, anche se appassionato calciofilo, sicuramente non avrà problemi a dare presto la sua benedizione alla squadra di cricket vaticana.
Francesco Loiacono