Dalla Giamaica al mondo: il 29 novembre la musica reggae è stata inserita dall’Unesco nella lista dei “patrimoni mondiali immateriali dell’umanità”. Il comitato speciale riunito a Port-Louis, capitale dell’isola di Mauritius nell’Oceano indiano, ne ha così riconosciuto “il contributo al dibattito internazionale su questioni di ingiustizia, resistenza, amore e umanità”.
Le origini – Il reggae nasce a Kingston (Giamaica) sul finire degli anni ’60, dove influenze musicali diverse come quella caraibica e latina si incontrano con gli stili africani del soul e del rhythm and blues diffusi in Nord America e insieme danno origine allo ska e al rock steady, che del reggae sono i progenitori. Da qui e grazie a un profeta carismatico divenuto subito mainstream, Bob Marley, il verbo del reggae si diffonde oltreoceano e colonizza milioni di adepti al nobile scopo di liberarne gli animi. Non soltanto canzoni indimenticabili, ma un vero e proprio culto con alla base un movimento religioso, il rastafarianesimo, e uno stile di vita con usi e costumi codificati, i più noti dei quali sono l’uso disinibito della marijuana (che in lingua creola giamaicana è detta ganja) e l’abitudine dei fedeli di portare i capelli attorcigliati a mo’ di corda (noti come dreadlock).
Le motivazioni – “Se nella sua fase embrionale il reggae era la voce degli emarginati – si legge nel comunicato ufficiale diffuso dall’Unesco – questa musica è ora riprodotta e accolta dalla società in modo trasversale e include diversi gruppi etnici, religiosi e di genere. Il suo contributo al discorso internazionale su questioni di ingiustizia, resistenza, amore e umanità – continua la nota dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura – sottolinea la sua natura intellettuale, socio-politica, sensuale e spirituale. La sua funzione sociale – il suo essere veicolo al dibattito sociale, alla catarsi e alla preghiera – non è cambiata, e la musica reggae continua oggi ad essere una voce per tutti”.
I protagonisti – Molti sono stati, oltre a Bob Marley che ne è divenuto l’icona (all’anagrafe Robert Nesta Marley, morto di cancro nel maggio dell’81), gli interpreti che nel tempo hanno reso grande il reggae. Tra questi ricordiamo Peter Tosh (che con Marley fu tra i fondatori del gruppo spalla The Wailers), il produttore Lee “Scratch” Perry, i Toots & The Maytals (i primi ad usare la parola “reggae”) e Jimmy Cliff, che nel ’72 firmò la colonna sonora del film The Harder They Come diretto da Perry Henzell (da noi Più duro è, più forte cade), tra gli album più riusciti e rappresentativi del genere.