È scontro tra Chiesa cattolica e governo sull’8xmille. Palazzo Chigi ha deciso di aggiungere il recupero delle tossicodipendenze alle finalità a cui i contribuenti possono destinare le loro risorse, optando per dare una quota dell’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) allo Stato invece che a una confessione religiosa. Una scelta che le gerarchie ecclesiastiche non hanno condiviso, in un settore – quello della lotta alle dipendenze – che storicamente presidiano e che, in questo modo, toglierebbe denaro alla Chiesa. Dal 2019, quando il governo Conte ha introdotto la possibilità di scegliere a quale tipologia di intervento statale assegnare i propri contributi, le firme a favore dello Stato sono aumentate. Tradotto: secondo i dati riportati dal Dipartimento delle Finanze e basati sui redditi del 2020, nel 2024 nelle casse dell’esecutivo sono entrati circa 340 milioni, quasi il doppio rispetto ai 175 del 2018. Il 59% dei contribuenti non sceglie a chi destinare il proprio denaro, ma le quote vengono comunque ripartite e la Chiesa continua a ricevere una fetta importante di queste risorse.

Il cardinale Matteo Zuppi (Photo credit: ANSA)

Il disappunto di Zuppi – «Esprimo delusione per la scelta del governo di modificare in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8xmille di pertinenza dello Stato – ha dichiarato a un convegno il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente delle Cei (Conferenza episcopale italiana) –. È una scelta che va contro la realtà pattizia dell’accordo stesso, che ne sfalsa oggettivamente la logica e il funzionamento, creando una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica che le altre confessioni religiose firmatarie delle intese con lo Stato». E ancora: «Non ci interessano i soldi – ha continuato il porporato –. Ci interessano i poveri». Per Zuppi, la mancanza di una parte di risorse «vuol dire probabilmente poter fare meno cose. Quei soldi ci permettono di essere vicini alle esigenze delle persone e a coloro che sentiamo più vicini nelle nostre preoccupazioni: la lotta alla povertà, l’educazione, le tante emergenze in Italia e nel mondo. Sono una parte importante del nostro sforzo, per tutti». Secondo gli ultimi dati disponibili, relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2020 ripartiti nel 2024, per la prima volta dal 2010 le entrate dell’8xmille per la Chiesa cattolica non hanno raggiunto il milione di euro, ma si sono fermate a 990 milioni.

Le reazioni della politica – Palazzo Chigi ha reagito alla polemica ricordando che la possibilità per il contribuente di scegliere la finalità a cui destinare il proprio contributo era stata già introdotta dall’esecutivo Conte II e che, «nel 2023, il governo Meloni ha semplicemente inserito una sesta finalità al fine di poter sostenere le comunità di recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche». Sulla questione è arrivato anche il commento del vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani: «Non è successo nulla di strano: una parte (delle risorse, ndr) viene destinata alle comunità di recupero dei tossicodipendenti, che sono gestiti perlopiù da rappresentanti della Chiesa. Quindi, nella sostanza, non ci sono danni», ha sottolineato. Matteo Renzi, invece, si è schierato in difesa di Zuppi. «La scelta del governo di andare contro la Cei e contro la Chiesa cattolica sull’8xmille è l’ennesima dimostrazione di un modo di concepire le istituzioni arrogante e sordo al confronto – ha scritto in un post su X – Togliere alla Chiesa cattolica quello che le spetta in virtù del Concordato e farlo perché magari non si condivide la posizione della Cei sui migranti è l’ennesimo colpo di testa del duo Meloni-Mantovano».