Ristorante

La mafia investe nei ristoranti: fanno guadagnare e ripuliscono il denaro sporco

Seduti alla tavola del boss, senza saperlo. Succede in almeno cinquemila ristoranti in tutta italia: tanti quelli che sarebbero in mano alla criminalità organizzata, secondo il terzo Rapporto Agromafie di Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura.

La ristorazione fa gola alla criminalità organizzata, che trova gioco facile: complice la crisi, molti ristoranti hanno chiuso i battenti e sono stati messi in vendita a prezzi vantaggiosi. Negli ultimi anni, poi, l’effetto Masterchef ha acceso i riflettori su un settore che offre ancora buone possibilità di guadagno nonostante la recessione. Non solo: la ristorazione offre anche ghiotte opportunità per chi ha bisogno di riciclare denaro. Passando dalle cucine i soldi sporchi guadagnati con il traffico di droga, l’usura o il contrabbando tornano puliti.

Ma Coldiretti segnala anche il rafforzarsi del fenomeno opposto, il cosiddetto “money dirtying”: sempre più spesso i soldi che la mafia guadagna legalmente, ad esempio proprio nei suoi ristoranti, vengono usati per finanziare attività illegali. Per la criminalità organizzata investire nella buona tavola è anche un modo per consolidare la propria posizione sul territorio: il ristoratore mafioso si afferma come imprenditore locale, tesse rapporti, si fa un nome. Un buon ristorante, magari di lusso, di questi tempi è un ottimo biglietto da visita.

Le infiltrazioni mafiose nel settore, però, sono solo parte di un quadro più ampio, che vede la criminalità organizzata sempre più coinvolta nell’agro-alimentare in tutte le sue fasi: dalla produzione alla vendita passando per la distribuzione. Anche così, secondo i calcoli, il fatturato delle agromafie è cresciuto del dieci per cento in un anno. Investire in questo campo è stato un buon affare: nel 2014 ha fruttato ai mafiosi almeno 15,4 miliardi di euro. Mance escluse.

Chiara Severgnini