Previsioni indovinate. Lo aveva detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in audizione sulla legge di bilancio, lo avevano previsto le stime di Bloomberg e Bankitalia. Ora è l’Istat a confermare lo 0,5% di crescita del Pil italiano nel terzo trimestre del 2017 e l’1,8% su base annua. Non è l’unica novità dall’istituto nazionale di statistica: il tredicesimo dato positivo consecutivo riflette sia la crescita della produzione, sia quella della domanda, ottenendo il maggior tasso di crescita dal 2011, anno in cui i conti italiani ed europei hanno iniziato a risentire della grande crisi, scoppiata negli Usa nel 2008. Fra gli elementi che hanno incentivato la domanda, la diminuzione dei prezzi al consumo, con lo 0,2% in meno e il rallentamento dell’inflazione.

I dati- Per l’Istat, la stima sul Pil di luglio-agosto-settembre è dovuta alla «diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura e di un aumento nei settori dell’industria e dei servizi, unite a una maggiore domanda che coinvolge sia la componente nazionale, sia quella estera, dopo aver calcolato le esportazioni al netto delle importazioni». La crescita tendenziale, ora al +1,8%, è così la più alta da oltre sei anni, quando nel secondo trimestre del 2011 aveva raggiunto il +2,6%. Positivo anche il dato congiunturale: +0,5% per il Pil nel terzo trimestre rispetto al +0,3% del trimestre precedente, quello di aprile-maggio-giugno, per un valore assoluto di 400,547 miliardi di euro, altra cifra che non si raggiungeva dalla fine del 2011.

Le cause- Ancora una volta in un’economia globalizzata è stata la Germania ad aver fatto la differenza, trainando il resto dell’Eurozona. Berlino ha sorriso di fronte a un risultato al di sopra delle aspettative, con un aumento del Pil tedesco del 2,8% rispetto al +2,3% previsto nel terzo trimestre. Inflazione invariata e 1,6% su base annua. Nello stesso periodo il Pil francese è cresciuto dello 0,5% e anche quello del Regno Unito nonostante la Brexit (+0,4%). La media europea si attesta allo 0,6% in più, dove a spingere la crescita è stato soprattutto il tasso delle esportazioni. «L’evoluzione del prodotto interno lordo è così tanto robusta da portare la Germania ad aumentare la pressione sulla Banca Centrale Europea, per convincere Draghi a rinunciare al quantitative easing», ha dichiarato un economista a Milano Finanza. La scelta di continuare ad acquistare titoli da parte del presidente della Bce Mario Draghi resta comunque giustificata da un’inflazione debole in molti Paesi europei.

La ripresa e il consumo- I dati pubblicati dall’Istat sono di sostegno alla manovra del governo italiano, presentata qualche giorno fa da Gentiloni e Padoan a Palazzo Chigi con qualche malumore da parte di Bruxelles, che si basava sulla conferma di queste previsioni. Dopo il dato positivo sul Pil, a Piazza Affari l’indice Ftse Mib è salito dello 0,34% e lo spread è sceso a 138,7 punti base. La domanda è stata favorita dalla diminuzione dei prezzi al consumo, per un’inflazione che non riparte, ma rallenta in generale. «A parte i prezzi degli alimentari non lavorati e degli energetici regolamentati», spiega l’Istat, «il rallentamento dell’inflazione è dovuto all’inversione di tendenza dei servizi vari e al calo dei prezzi dell’istruzione universitaria, a seguito dell’entrata in vigore delle nuove norme sulla contribuzione studentesca con l’ultima legge di stabilità». I dati sul consumo si riferiscono comunque al solo mese di ottobre.