Taumaturgo di aziende in crisi e manager illuminato, tagliatore di teste e uomo di cultura. È diffcile racchiudere in una sola definizione Franco Tatò, protagomnista dell’ecenomia italiana di fine Novecentto, morto martedì 2 novembre a 90 anni a causa di un ictus. Top manager di grandissimi gruppi industriuali, nemico-amico di Silvio Berlusconi, era conosciuto per i successi di una carriera lunga oltre 60 anni durante la quale è riuscito a risollevare aziende come Olivetti, Mondadori ed Enel. Ricordato per l’approccio chirurgico nel risanare i colossi che era chiamato ad amministrare, ne ha moltiplicato i profitti a volte a costo di migliaia di posti di lavoro, guadagnandosi così il soprannome di Kaiser Franz. Al momento della morte si trovava all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, dove era ricoverato in attesa di un intervento endocardiaco. Al suo fianco la moglie Sonia Raule e la figlia Carolina.

La carriera – L’esordio nel mondo del lavoro nel 1965 come operaio nella linea di montaggio nello stabilimento di Ivrea della Olivetti. Un’esperienza che Tatò  ha definito «uno dei periodi più utili e formativi» della sua carriera. Dalla linea di montaggio, la scalata ai vertici, quando nei primi anni ’70 Tatò diventa amministratore delegato (ad) di Austro Olivetti  e di British Olivetti. Lasciata Ivrea, nel 1984 il primo avvicinamento alla famiglia Berlusconi con un breve incarico da vicepresidente e ad di Arnoldo Mondadori Editore. Nel 1986 il manager lodigiano è invece chiamato a guidare Triumph Adler, azienda di computer e macchine da ufficio allora appena acquisita da Volkswagen. Qui si aggiudica il titolo di “Kaiser Franz”, per via del suo approccio pragmatico ma spietato nel far rientrare i costi di gestione.

Fininvest ed Enel – Tra gli incarichi più rilevanti di Tatò c’è stato il ruolo di amministratore di Fininvest, negli stessi anni del debutto politico di Silvio Berlusconi. Di lui il Cavaliere disse: “Quando lo incontro in corridoio ho paura che mi guardi come un costo da abbattere”. Nel 1996  la rottura con i collaboratori di Berlusconi a causa di alcuni importanti ristrutturazioni alla Fininvest porta Tatò ad accettaredal governo Prodi la guida dell’Enel. A lui si deve la preparazione dell’azienda alla quotazione in Borsa, l’espansione all’estero e la diversificazione in settori tra cui le rinnovabili, l’impiantistica e l’immobiliare. La gestione del gruppo energetico rimane tuttavia tra i periodi maggiormente contestati della carriera del top manager, che nel rimpasto dell’azienda ha visto il taglio del posto di lavoro di 30mila dipendenti. Nel 2002 il governo Berlusconi non gli rinnova l’incarico. A questo proposito Tatò disse che lasciava dietro a sé «una miniera d’oro». Oltre alle sue esperienze da risanatore seriale, Tatò è stato nel cda di Prada Holding Milano e ad delle Cartiere Pigna. Ha ricoperto anche la carica di presidente di Parmalat e ad dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, della quale ha curato il passaggio all’online.

Il “manager filosofo” – Laureato in Filosofia all’Università di Pavia, Tatò ha avuto esperienze di studio anche in Germania e negli Stati Uniti, ad Harvard, dove ha coltivato l’amore per la filosofia e la storia. Nato da una famiglia originaria di Barletta, nel 2000 scrive Perché la Puglia non è la California mentre nel 2004 pubblica il volume La Germania prima e dopo il muro. Durante la gestione dei gruppi aziendali da risanare, ha spesso introdotto ai vertici figure professionali con background umanistici, guadagnandosi anche per questo il soprannome di “manager filosofo”.