Chi ha comprato il giornale di lunedì 8 aprile, probabilmente vi ha trovato un’inserzione pubblicitaria un po’ insolita. Due parole di numero, scritte in stampatello e su sfondo bianco: «Ciao Vincenzo!». Un nome come tanti, che tanto ha significato per gli autori del messaggio. Sono i parenti, i dipendenti, i collaboratori e i colleghi di Vincenzo Mancini, fondatore del gruppo Cisalfa Sport, morto sabato 6 aprile all’età di 64 anni. Insieme a Intersport Italia, Falis 2014 e Immagine 4, la famiglia Mancini e l’azienda Cisalfa hanno voluto rendere pubblico omaggio all’imprenditore, comprando una pagina dei principali quotidiani nazionali per ricordarlo e salutarlo.

Gli inizi – Il “Signor Cisalfa” se n’è andato all’improvviso, lasciando una moglie, un figlio, una figlia e un impero: il marchio Cisalfa Sport, tra i più apprezzati in Italia per l’abbigliamento sportivo. Il suo creatore è partito dal niente e ha dimostrato, negli anni, di cosa si è capaci quando si crede veramente in un sogno. Un diploma da perito elettronico preso col minimo sindacale (36/60), qualche stiracchiato tentativo di lavorare nella pizzeria di famiglia, a Tivoli. Per arrotondare, all’inizio Vincenzo montava attacchi per gli sci in un negozio di articoli sportivi.

Il progetto – «Sono poco se mi considero, tanto se mi confronto», ripeteva sempre. A 18 anni ha deciso che quel “poco” che aveva racimolato doveva diventare “tanto”. A Roma scendeva a via Sannio in motorino, comprava i tascapane (le tracolle verdi di moda negli anni Settanta) a mille lire l’una e le rivendeva a Tivoli per duemilacinquecento. Poi ci ha aggiunto le camicie button-down che arrivavano da Latina e, nel 1974, è riuscito a comprare il negozio dove montava gli attacchi, insieme alla famiglia. Nel ’77 ne ha aperto un altro con Carlo La Caita: il “Caiman Sport Center” (dalla crasi tra i due cognomi) non è più la bottega a gestione familiare, ma uno spazio di quattrocento metri quadri che inizia afar paura ai commercianti vicini.

Da Tivoli a Roma – Da lì il salto in urbe: a via Monte Cervialto, nel cuore del Tufello, Mancini compra “Fabbi Sport”, che «ai titolari non rendeva», ma a lui e al fratello sì. Da subito. Immerso nella giungla commerciale romana, il “montanaro” di Tivoli si fa le ossa tra guerre sui prezzi e maratone giornaliere di 18 ore in negozio, non per potersi permettere «la casetta al Circeo», ma per continuare a espandere l’attività, lavorando sodo. Così, a 34 anni, chiede un prestito di quattro miliardi dell’allora Banco di Roma e rileva il negozio di Largo Brindisi, a San Giovanni, da cui è nato il piccolo “impero Cisalfa”. 140 punti vendita in Italia, un organico che, oggi, conta 2500 tra dipendenti e collaboratori. Nel 2017 il marchio di Vincenzo Mancini ha chiuso con un fatturato di 350 milioni e un utile netto di più di 10 milioni. Oltre a distribuire i “sempreverdi” Nike, Adidas, New Balance, North Face e Puma, Cisalfa produce in licenza per Fila, Arene e per marchi come Ellesse e Mistral. Una filiera che parte dalla manifattura e arriva alla distribuzione, che negli anni ha conquistato il mercato e che non si fa bastare gli scaffali italiani, ma guarda sempre più a quelli internazionali. Con «caparbietà, aggressività e convinzione», le 3 parole d’ordine del “Signor Cisalfa”, nella buona e nella cattiva sorte. Dopo aver venduto la maggioranza dell’azienda nel 2006, l’ha ricomprata nel 2012, in un grande momento di crisi, risanandola nel giro di 4 anni.
«Pensavamo tu fossi invincibile. Lo eri nell’amore per la famiglia e il lavoro. Così suona il necrologio scritto a parte dai familiari di Vincenzo. «Ci hai lasciato troppo presto».