C’è stato un tempo in cui viaggiare era una possibilità limitata. Le vacanze erano più sostenibili, ma solo perché erano un privilegio. Poi la nascita dei voli low-cost, la diffusione dei pacchetti famiglia, l’espansione della classe media globale. E così, rapidamente, partire è diventato, a ragione, una pretesa di tutti. Il settore è cresciuto, fino a diventare in Italia uno dei principali pilastri economici del Paese. Soprattutto per quanto riguarda gli affitti brevi. Ma mentre la domanda turistica ha continuato (e continua) ad aumentare, l’offerta delle case si è contratta e gli affitti sono esplosi: nelle città d’arte italiane in un anno si è registrato un aumento dei canoni urbani del +4,7%. Un incremento dei costi cresciuto in parallelo all’insofferenza dei cittadini: secondo l’ultima rivelazione Ipsos, gli italiani non ne possono più dell’overtourism. E vorrebbero misure restrittive analoghe a quelle introdotte in Spagna.

Hotel e “Airbnb” – Secondo il rapporto “Overtourism nell’UE”, basato sui dati ufficiali di Eurostat e dell’Organizzazione Mondiale del Turismo e sui dati del settore e di Airbnb, l’overtourism nell’Unione sarebbe guidato dagli hotel, che hanno rappresentato quasi l’80% dei pernottamenti nella regione nel 2023 e nel 2024. Il report mostra poi che tra il 2021 e il 2023 i pernottamenti nelle dieci città più visitate dell’Ue sono aumentati di oltre 200 milioni (un incremento di 2,5 volte), con gli hotel responsabili del 75% di questa crescita. Intanto nelle grandi città italiani gli appartamenti sul mercato con la formula dell’affitto breve hanno smesso di crescere per la prima volta. Ad aver scoraggiato gli affittuari potrebbero essere state le nuove regole introdotte in questi mesi: dall’obbligo di munirsi di un Codice Identificativo Nazionale (CIN) all’installazione obbligatoria di dispositivi di sicurezza, come rilevatori di gas e monossido di carbonio, e di estintori. La diminuzione dell’offerta si inserisce, comunque, in una parabola ascendente per Airbnb: secondo le analisi del Politecnico di Torino nel periodo 2017-2024, nel giro di 7 anni il giro d’affari è triplicato.

L’insofferenza dei cittadini – Un italiano su due pensa che l’Italia sia colpita dal sovra-turismo. Il 35% considera gli affitti brevi più un problema che un vantaggio economico. La maggior parte dei cittadini è inoltre d’accordo con il divieto delle key box. A fotografare l’insofferenza diffusa degli abitanti è una rivelazione di Ipsos per l’Osservatorio sulla società italiana di Unipol. A soffrire di più del fenomeno sono gli abitanti dei più grandi centri urbani, come Roma e Firenze. In questi luoghi impatta la chiusura dei luoghi storici, la perdita di “autenticità”, lo spopolamento dei centri storici, divenuti troppo cari e affollati. Nelle aree metropolitane gli intervistati sono più favorevoli alle strette sugli affitti brevi, con regole e requisiti più rigidi su modelli di città come Barcellona.

Proteste organizzate – A Milano “Chiediamo Casa“, una rete di soggetti impegnati nella lotta per il diritto all’abitare, da ormai diversi mesi porta avanti proteste ed eventi per il diritto alla casa. Nel capoluogo la crescita dei canoni e dei prezzi degli immobili è da anni molto più rapida che in altre zone d’Italia, e il fenomeno degli affitti brevi è uno dei numerosi fattori che impattano sul caro affitti. «Non è l’unico fenomeno che aggrava il problema dell’abitare a Milano, ma è sicuramente un fattore rilevante, anche a livello culturale», spiega Giacomo, un attivista della rete. «Uno dei nostri slogan lega proprio gli affitti brevi alla mancanza di una casa per tutti. Le keybox sono il simbolo di questo: non si tratta di singole stanze affittate, o di affitti eccezionali, fatti quando i proprietari viaggiano: se fuori casa hai un sistema per le chiavi, significa che si tratta di interi appartamenti finiti nel vortice della professionalizzazione dell’affitto breve. È uno spazio abitativo sottratto a chi vuole vivere, lavorare o studiare in questa città».