È atteso per questa sera (2 dicembre) il decreto ad hoc per sbloccare il nuovo prestito da 400 milioni per continuare a far volare Alitalia: se tutto andrà come ci si aspetta, il provvedimento dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri (Cdm). Nel vertice di governo della notte dell’1 dicembre, i partiti hanno raggiunto l’accordo sulla misura che nel corso della giornata – secondo alcune fonti di governo – verrà perfezionata con alcune modifiche tecniche.

I capitali in gioco – Una nuova iniezione di capitali necessaria per tenere in vita la compagnia. Dopo gli 1,5 miliardi spesi dagli italiani negli ultimi due anni per tenerla in volo e dopo 30 mesi di commissariamento, la società non ha ancora trovato un acquirente e continua a pesare sulle tasche dello Stato. Alitalia brucia ogni giorno quasi 1 milione di euro. Dei 900 milioni del primo prestito ponte, sul quale l’Ue continua a indagare per «aiuti di Stato», sono rimasti nelle casse di Alitalia al 31 ottobre solo 315 milioni. Nei primi sei mesi del 2019 il passivo è stato di 164 milioni, superiore a quello del 2018. L’ennesimo buco di capitale, che porta a quasi 4 miliardi il rosso accumulato dal 2009, anno in cui la compagnia è stata privatizzata.

Le difficoltà – La Commissione europea è il primo ostacolo che il governo, nello specifico il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che condurrà le trattative con Bruxelles, dovrà superare per dare il via a una nuova operazione di salvataggio. Bisognerà convincere Margrethe Vestager, la neo vicepresidente che continuerà a occuparsi di Concorrenza, che il nuovo prestito da 400 milioni di euro possa finalmente portare a una soluzione e non sia l’ennesima regalia dello Stato. Vestager ha già fatto sapere che «la Commissione è in contatto con le autorità italiane».

Il nuovo prestito – Con questa nuova iniezione di capitale i commissari straordinari – Daniele Discepolo, Enrico Laghi e Stefano Paleari – dovranno non solo garantire l’ordinaria amministrazione ma rilanciare la compagnia perché, ha fatto sapere il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, la cordata con Fs-Delta e Atlantia non c’è più. E Lufthansa, che ad oggi sembra essere il candidato principale per prendere la compagnia, non ha interesse a scendere in gioco se le condizioni resteranno le stesse.

Il nodo Lufthansa – Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, durante un incontro informale tenutosi giovedì 28 novembre tra il titolare del Mise Stefano Patuanelli e il presidente di Lufthansa Carsten Spohr, sarebbe emerso che per partecipare al salvataggio di Alitalia l’azienda tedesca avrebbe chiesto un taglio alla flotta di almeno un terzo e circa 5.500 esuberi. Dell’Alitalia «ristrutturata» Lufthansa prenderebbe una quota di almeno il 70 per cento, ma nella cordata potrebbe tornare anche Ferrovie per avere voce in capitolo nel futuro di Alitalia. La posizione dei tedeschi è chiara: Lufthansa si muoverà con un’offerta soltanto dopo una profonda ristrutturazione.

Cosa succederà – Dopo il Consiglio di questa sera, quindi, Alitalia potrebbe continuare a volare con soldi pubblici e in amministrazione straordinaria, come sta facendo da maggio del 2017 quando Etihad staccò la spina e i lavoratori bocciarono in un successivo referendum un piano di ricapitalizzazione da due miliardi di euro e con circa 1.000 esuberi. Secondo le stime, la somma spesa dallo Stato negli ultimi 40 anni per mantenere in alta quota l’ex compagnia di bandiera è di più di 10 miliardi di euro. Il nodo principale resta il costo sociale dell’operazione. Si dovrà avviare la ristrutturazione, trovare un accordo con i sindacati, sondare di nuovo il mercato in cerca di acquirenti, convincere l’Ue e lavorare sulle ricollocazioni delle eccedenze. Con un conto alla rovescia che continua a scendere e l’azienda che ogni ora brucia quasi 40mila euro di capitali pubblici.