Il gioiello tecnologico di Sesto San Giovanni, la Alstom Power, chiuderà la produzione e lascerà a casa 236 dipendenti. La General Electric, appena due mesi dopo aver acquisito l’azienda francese, annuncia un piano di ristrutturazione definito «inaccettabile» dai sindacati: 211 licenziamenti nel 2016 e ulteriori 25 nel 2017, cessazione della produzione e drastica riduzione dei servizi di service per le manutenzioni nelle centrali. I sindacati sono insorti contro il piano di smantellamento graduale dell’azienda e chiedono di aprire un tavolo di trattative a livello nazionale per salvare la produzione e, quindi, i posti di lavoro. I lavoratori sono in presidio permanente all’interno dell’ex fabbrica Alstom: lo stabilimento verrà presidiato giorno e notte per evitare che venga svuotato, in particolare dei macchinari.

La sede dell’Alstom a Sesto San Giovanni (Mi)

La vicenda è iniziata un anno e mezzo fa, quando i due colossi multinazionali Alstom e General Electric hanno stretto un accordo commerciale per cui la prima ha ceduto alla seconda tutta la parte “power”, mentre la corporation americana ha ceduto parti del settore ferroviario a quella francese. Così, a Firenze un’azienda G.E. è diventata Alstom e a Milano un’azienda della società francese è stata acquisita da General Electric. Il 2 novembre 2015, il colosso statunitense è entrato formalmente in possesso del pezzo “Power” di Alstom, che conta tre stabilimenti in Italia: a Sesto San Giovanni, Padova e Lecco. «È stato subito istituito un gruppo di contatto a livello europeo col sindacato per discutere delle conseguenze sociali», spiega Marcello Scipioni segretario generale Fiom di Milano, «ed è stato anche pattuito che fino al 31 marzo non avrebbero fatto azioni unilaterali» Ma, in uno di questi incontri europei, avvenuto il 12 gennaio, General Electric ha dettagliato un piano che prevede nel corso di un biennio il taglio di 6500 esuberi in tutta Europa. A Sesto, su un personale di 456, per l’azienda gli esuberi sono 236: 211 da tagliare nell’anno in corso e i restanti 25 nel 2017.

«Questa proposta è irricevibile perché ci sarebbe una perdita occupazionale drammatica in un momento così difficile» è il commento di Giuseppe Mansolillo, segretario generale Fim-Cisl di Milano, che aggiunge: «Abbiamo chiesto a GE di preparare un piano di mantenimento e siamo disponibili ad affrontare e risolvere i problemi insieme. Nessun altro piano potrà essere condiviso da noi». Rincara la dose Marcello Scipioni, segretario generale Fiom di Milano: «È inaccettabile che un’azienda si compri un gioiello dal punto di vista tecnologico, una delle eccellenze produttive nel settore power a livello mondiale come la Alstom, e nel giro di due mesi decida di chiuderlo. Hanno comprato per chiudere. Hanno preso i marchi, i brevetti, gli ordini e i clienti, e adesso licenziano i lavoratori. Non lo accetteremo e non ci rassegniamo all’idea che questo stabilimento debba chiudere».

La Alstom di Sesto San Giovanni

L’obiettivo è salvare lo stabilimento, e per riuscirci i sindacati hanno indetto una manifestazione, il 15 gennaio prossimo, davanti alla prefettura di Milano con tutti i lavoratori per chiedere al prefetto di intervenire e sollecitare le istituzioni ad aprire un tavolo di confronto a livello governativo. «Chiudere la produzione di un punto di eccellenza non significa solo perdere posti di lavoro ma anche una perdita in prospettiva del futuro per tutta l’Italia», spiega Giuseppe Mansolillo. «Il prossimo incontro sarà il 2 febbraio in AssoLombarda e il 22 saremo in Comune a Sesto, ma siamo consapevoli che il problema coinvolge non solo Sesto, ma anche la regione Lombardia e l’Italia per cui se ne devono occupare tutti», conclude il segretario della Fim-Cisl di Milano.

Nel frattempo i lavoratori saranno in presidio permanente: l’azienda verrà presidiata giorno e notte per evitare che venga svuotata, soprattutto dei macchinari. All’interno, le ultime commesse: un rotore destinato alla centrale di Zouk in Libano e altre produzioni minori. «La cosa che fa particolarmente arrabbiare è che le parti di produzione verranno concentrate in due stabilimenti nell’Est Europa: uno in Polonia e uno a Bucarest, dove si lavora in condizioni veramente disumane e non vengono rispettate nemmeno le minime condizioni di sicurezza», racconta Scipioni, che da tempo denuncia il deliberato svuotamento dello stabilimento di Sesto per favorirne la dismissione. E sottolinea che il tempo per risolvere il problema è sempre meno: «Ora siamo in corsa contro il tempo perché abbiamo capito che l’azienda vuole chiudere la partita entro la metà di aprile, quindi non abbiamo molto tempo per risolvere il problema».

Alessia Albertin