La crisi annunciata da ArcelorMittal Italia ieri, 5 giugno, rischia di diventare l’ennesimo tavolo di lavoro da affrontare, e possibilmente risolvere, per il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. Il colosso siderurgico europeo, che mesi fa aveva portato a termine l’acquisizione dell’ex Ilva, ha annunciato la cassa integrazione per un massimo di 1400 operai al giorno per tredici settimane dal 1 luglio nello stabilimento di Taranto. Una misura che ha subito scatenato le reazioni dei sindacati e degli stessi lavoratori. Stamattina, mentre è in corso un vertice in azienda tra dirigenti e rappresentanti sindacali per discutere del provvedimento e delle graduatorie relative ad assunzioni ed esuberi, gli operai hanno organizzato un sit-in fuori dall’ingresso della direzione.

Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio durante un convegno

ArcelorMittal –  L’azienda ha dichiarato in un comunicato di aver preso questa drastica scelta a causa «della grave crisi di mercato» esistente in Europa. Una domanda di materiale sempre più ridotta e la concorrenza derivante dalle importazioni da Paesi con condizioni ambientali più favorevoli, come Cina e Turchia, hanno determinato il rallentamento della produzione. L’amministratore delegato Matthieu Jehl ha tenuto a sottolineare la temporaneità della misura, oltre a promettere che non verrà meno il piano d’investimento industriale e ambientale di 2,4 miliardi di euro che dovrebbe rendere il polo tarantino il più «avanzato e sostenibile d’Europa». Un piano che era stato concordato nell’accordo raggiunto con il ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico lo scorso settembre al termine di una lunga trattativa, in quella che fu la prima grande bega da ministro per Di Maio che, come tutto il Movimento 5 Stelle, si era sempre schierato a favore della chiusura totale della fabbrica per motivi ambientali. Eppure, i sindacati sono passati subito al contrattacco, denunciando come una cassa integrazione simile non fosse affatto prevista dal piano siglato, chiedendo inoltre immediate rassicurazioni al Mise. Di Maio però, da parte sua, non ha ancora rilasciato dichiarazioni sulla questione.

Unilever – La crisi occupazionale di ArcelorMittal è solo l’ultimo dei tanti dossier che il leader grillino dovrà affrontare in questa calda stagione. Sempre nella giornata di ieri, i lavoratori dell’Unilever dello stabilimento di Sanguinetto, in provincia di Verona, hanno organizzato uno sciopero per tutto l’arco della giornata per il licenziamento di 76 dipendenti annunciato dalla multinazionale olandese-britannica. Una misura severa che, secondo i sindacati Cisl,Cgil e Uil, è dovuta principalmente alla politica aziendale di delocalizzazione, con l’apertura di uno stabilimento in Portogallo dedito alla produzione Knorr, uno dei marchi Unilever. Anche in merito a questo tema manca finora una netta presa di posizione del ministro competente, attaccato dalle opposizioni.

Il sito di Mercatone Uno di Bologna

Mercatone Uno – La chiusura o il ridimensionamento delle grandi aziende in Italia non è infatti un problema emerso solo in questi primi giorni di giugno. La vigilia delle elezioni europee del 26 maggio era stata animata dall’annuncio a sorpresa del fallimento di Mercatone Uno, storico marchio di arredamento imolese. Un annuncio che aveva spiazzato i 1800 lavoratori dei 55 punti di vendita sparsi lungo la penisola, venuti a conoscenza su Facebook del fatto di essere rimasti senza lavoro. La Shernon Holding srl, società che aveva acquisito il marchio nell’agosto del 2018, non si era infatti nemmeno presa la briga di allertare i propri dipendenti con lettere di licenziamento o avvisi ufficiali. In tal caso Di Maio aveva annunciato, dopo la debacle elettorale, di puntare innanzitutto alla cassa integrazione dei lavoratori appiedati e alla successiva re-industrializzazione.

Whirpool – A Napoli, invece, il rischio di cessione e chiusura dello stabilimento della catena americana di elettrodomestici ha scatenato le proteste dei 420 operai coinvolti. Dopo alcune manifestazioni nella sede partenopea, le “tute blu” si sono ieri spostate in pullman a Roma, alla sede del Mise di Via Veneto, partecipando a un tavolo con i sindacati e lo stesso Di Maio. Quest’ultimo ha dichiarato di pretendere dalla multinazionale una soluzione risolutiva entro una settimana, altrimenti non le verranno più rilasciati i fondi pubblici di cui l’azienda ha potuto beneficiare sin dal 2014, 27 milioni secondo le stime del ministro. La Whirlpool ha manifestato ufficialmente la volontà di cedere lo stabilimento di Napoli, contravvenendo al piano stipulato lo scorso 25 ottobre con il ministero dello Sviluppo economico, che prevedeva un investimento complessivo di 250 milioni in Italia, di cui ben 80 nel sito di Napoli.