Forse un rinvio dell’aumento dell’Iva è possibile. “Saranno giorni duri, ma ci proveremo”. Lo ha detto a Radio Anch’io il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, nella mattinata di mercoledì 19 giugno. Non c’è molto tempo. Il rialzo automatico dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dal governo Monti, dovrebbe scattare a luglio. E il passaggio dal 21 al 22 per centro avrà effetti negativi sui bilanci delle famiglie e delle imprese.
Ma non è l’unico tema a far sussultare il governo Letta. I nodi sono molti, e tutti urgenti, oltre all’Iva si dovrà decidere sull’Imu e sul rilancio dell’occupazione giovanile. Tutto ciò costa, e i margini sono pochissimi. Solo ieri, martedì 18 giugno, il neoministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha ribadito che, per lui, le priorità sono gli investimenti nell’occupazione, non l’Iva. Ma, soprattutto, il risanamento dei conti. Dall’aumento di un punto percentuale lo Stato incasserebbe 4 miliardi di euro. Se questo denaro non è destinato alla crescita, la sua assenza si può riflettere in nuovi tagli. Secondo Baretta però c’è uno spazio di mediazione: se la cancellazione dell’aumento è difficile, farlo slittare è più probabile.
Anche Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e Rete imprese Italia, ha commentato: c’è una possibilità di sospendere l’aumento, per poi cancellarlo definitivamente. “Bisogna fare di tutto, questo rialzo sarebbe come buttare benzina sul fuoco, ancora ardente, della recessione”, ha risposto ai giornalisti che hanno chiesto la sua opinione a margine dell’assemblea di Confesercenti del 19 giugno. Un aumento, secondo Sangalli, avrà un impatto negativo del Pil. Saccomanni però ci ha tenuto a precisare, sulla partita dell’Iva “la palla è sempre stata mia”.
Vincenzo Scagliarini