Automotive, quale crisi? Stellantis accelera in borsa dopo l’annuncio dei conti record del 2023, chiusi con un utile netto pari a 18,6 miliardi di euro, in crescita dell’ 11%, e ricavi che ammontano a 189,5 miliardi (+6%). A Piazza Affari, all’apertura della seduta del 15 febbraio, il titolo sale del 4% a 23,49 euro.
Anno record – Il consiglio di amministrazione della casa automobilistica italo-francese-statunitense ha proposto un dividendo di 1,55 euro per azione ordinaria, in crescita del 16% rispetto al 2022. Inoltre, ha approvato un piano di riacquisto di azioni proprie da 3 miliardi e ha deciso di assegnare un premio complessivo di 1,9 miliardi ai dipendenti in tutto il mondo. L’incremento negli utili arriva grazie a un aumento del 7% dei volumi delle consegne totali, pari a quasi 6,4 milioni di veicoli. Margini però in discesa rispetto al 2022 a causa del calo di mercato in Nord America, dove Stellantis ottiene i maggiori profitti, dovuto dalla flessione di un punto percentuale causati dagli scioperi del sindacato americano.
Botta e risposta- «Abbiamo da poco celebrato il terzo anno dalla nostra nascita», ha sottolineato il ceo di Stellantis Carlos Tavares, sottolineando che «i risultati record annunciati oggi sono la prova che siamo diventati un nuovo leader globale nel settore e che continueremo a essere solidi, anche in previsione di un difficile 2024».
Dichiarazioni soddisfatte che arrivano dopo un turbolento inizio di anno che ha visto una serie di botta e risposta sulla mobilità elettrica tra l’amministratore delegato, la premier Giorgia Meloni e il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Lo scorso 1 febbraio, Tavares era stato criticato da Meloni per la scarsa attenzione dedicata alle produzioni in Italia. Dura la rteplica del manager: il gruppo, aveva detto, non farà «il capro espiatorio» dell’Esecutivo italiano, aggiungendo che il governo «evita di assumersi la responsabilità del fatto che, se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, allora si mettono a rischio gli stabilimenti italiani».
Un riferimento agli impianti di Mirafiori (dove si producono Fiat 500 bev e Maserati GT e GC) e Pomigliano (fabbrica di Fiat Panda, suv Alfa Romeo Tonale e Dodge Hornet), che secondo il ceo di Stellantis sarebbero i maggiormente minacciati, insieme ai loro lavoratori, dalla mancanza di una politica efficace di sostegni alla domanda di auto elettriche.
Una critica a cui non è tardata ad arrivare la risposta del ministro Urso. «Dobbiamo intenderci: se a dicembre Volkswagen ha superato Stellantis nelle vendite, se i cittadini italiani hanno preferito acquistare un’auto prodotta all’estero, piuttosto che una fatta in Italia, a fronte di condizioni di mercato e incentivi simili, il problema non è del governo ma dell’azienda», ha commentato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, che ha polemizzato: «Sarà un problema di marketing? Di modelli appetibili? Di certo, è un problema dell’azienda che evidentemente ha bisogno di rivedere le proprie politiche. Lo facessero».
Linea dura al question time- Durante il question time del 14 febbraio a Montecitorio, Urso ha quindi ribadito che se non si dovessero raggiungere gli obiettivi fissati dal Governo con il raggiungimento di un milione di auto prodotte in Italia, i finanziamenti sarebbero dirottati verso la creazione di un nuovo insediamento produttivo italiano. In poche parole, una seconda casa automobilistica: «Ora tocca a Stellantis mantenere gli impegni assunti, ove non lo facesse e non aumentasse la produzione, ridotta drasticamente negli ultimi anni, le risorse del fondo automotive (circa 6 miliardi di euro) saranno destinate integralmente a sostenere nuovi insediamenti produttivi per rafforzare la componentistica e supportare l’insediamento di un secondo produttore di auto».