Nel Medioevo, i mercanti insolventi dovevano mostrarsi in piazza con appeso al collo un cartello indicante il delitto commesso: il fallimento. L’esposizione alla berlina di chi non onora i prestiti è una prassi scomparsa nel diritto moderno, dove il fallimento, salvo casi di frode, non è più un reato penale. Eppure, sembra essere tornata in auge con la proposta, allo studio del governo, di pubblicare i nomi dei principali debitori delle banche italiane che navigano in cattive acque o che sono costrette a ricorrere all’aiuto pubblico.
L’intervista a Patuelli. La proposta è di Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi), una specie di Confindustria del credito che riunisce gli istituti nazionali. In un’intervista rilasciata a Il Mattino l’8 gennaio, Patuelli auspicava che venissero «resi noti i primi 100 debitori insolventi delle banche che sono state salvate». Per rendere lecita simile pubblicazione, altrimenti lesiva del segreto bancario, il presidente di Abi chiedeva l’intervento del governo attraverso un emendamento al decreto salva-banche. La norma avrebbe dovuto introdurre «un’eccezione alle attuali regole della privacy proprio alla luce del fatto che si tratta di banche nelle quali sul piano della risoluzione o del salvataggio preventivo è intervenuto lo stato o le altre banche e i risparmiatori». In altri termini, Patuelli giudicava la sopravvivenza del segreto bancario eticamente incompatibile con il salvataggio a spese dei contribuenti.
Le reazioni politiche. L’intervento del presidente di Abi si inserisce nel contesto della prossima ricapitalizzazione pubblica di Monte dei Paschi di Siena. E ha immediatamente provocato reazioni nel dibattito politico. Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera, ha ricordato che «è un progetto che abbiamo sempre sostenuto perché è giusto che siano noti i nomi di chi ha sottratto soldi ai risparmiatori». Anche il presidente del consiglio Paolo Gentiloni ha messo subito al lavoro la sua squadra per valutare la fattibilità di un simile emendamento al decreto che il 10 gennaio inizia il suo iter parlamentare dalla commissione Finanze del Senato. Il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta ha definito la proposta di Patuelli «un bel segnale di moralizzazione che va raccolto e approfondito». I dubbi legati al rispetto della riservatezza del debitore messo alla berlina sono stati chiariti dal Garante della Privacy, Antonello Soro. Se per le persone giuridiche e le imprese dal 2011 non si pone più alcun problema, maggior cautela dovrebbe essere prestata nella pubblicazione dei nomi delle persone fisiche. Spiega Soro, infatti, che la legge, attraverso l’apposizione del segreto bancario, «tutela la legittima aspettativa di riservatezza, che ciascuno deve poter avere nel momento in cui richiede ed ottiene un prestito».
La commissione d’inchiesta. Alla Camera, nel frattempo, è in programma la votazione sul disegno di legge presentato dal Movimento 5 Stelle per istituire una commissione di inchiesta su Mps. Il Partito Democratico pare incline a esprimere parere sfavorevole: la proposta grillina mal si concilierebbe con la commissione d’indagine sull’intero sistema bancario allo studio dei democratici. Obiettivo di queste investigazioni parlamentari sarebbe quello di svelare le responsabilità dei vertici bancari nella creazione delle enormi sofferenze che hanno condotto molti istituti di credito sull’orlo del fallimento. Come ricorda, infatti, Lando Maria Sileoni, segretario della Federazione Autonoma Bancari, «il 78% dei 186.729 miliardi di debiti inesigibili scaturisce da prestiti superiori a 250mila euro, quindi deliberati da direttori generali, cda o consigli di gestione». Il sospetto è quindi che la berlina dei cattivi debitori richiesta dal presidente di Abi serva anche a mascherare la concessione, se non altro, generosa di denaro da parte degli istituti di credito a soggetti che fornivano insufficienti garanzie di restituzione.