Ci sono due banche venete in difficoltà, un governo che aspetta fino all’ultimo prima di salvarle dal fallimento e la prima banca d’Italia pronta a rilevarle a un euro. Potrebbe riassumersi così la vicenda di Veneto Banca e Popolare di Vicenza al centro del dibattito negli ultimi giorni. I due istituti di credito da tempo erano in perdita ma solo dopo il via libera della Banca Centrale europea il Governo ha deciso per il salvataggio pubblico. Il 23 giugno la Bce dopo aver certificato il dissesto le ha definite «non sistemiche»: il loro fallimento non avrebbe creato particolari sconvolgimenti nel sistema bancario. Per questo non è stata applica la regola europea del “bail in”, ovvero far pagare il fallimento di una banca ai suoi azionisti, obbligazionisti e principali correntisti, come è successo a quattro banche popolari, tra cui Banca Etruria, nel novembre 2015. Grazie al via libera della Bce, il 25 giugno il Governo ha potuto varare un decreto di salvataggio. Lo Stato si è accollato così la «bad bank»: una società piena di titoli e asset dei due istituti di credito con poco o nessun guadagno garantendo per 12 miliardi le eventuali perdite. Mentre la parte “buona”, cioè quella in grado di dare profitto, la comprerà Intesa San Paolo al costo di un euro. Il primo istituto di credito italiano riceverà 4,8 miliardi subito: 3,5 per la coprire l’impatto sui coefficienti patrimoniali, e 1,285 come onore per l’acquisizione. Una dote dello Stato per tutelare gli attuali correntisti delle due banche e garantirne la stabilità nel breve periodo. In tutto quasi 17 miliardi, pari all’1% del Pil. Tutti soldi dei contribuenti. La borsa italiana ha accolto con favore l’operazione: il titolo di Intesa San Paolo è salito del 3,5%. Il 27 giugno la Banca d’Italia ha nominato come commissario liquidatore delle due banche venete, Fabrizio Viola, ex amministratore delegato di Popolare di Vicenza.

I favorevoli «Chi parla di regalo ai banchieri fa solo propaganda», ha dichiarato il 26 giugno il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. «Il Governo è intervenuto per salvare i due milioni di clienti e le 200mila piccole e medie imprese del Nord-Est che dipendono dalle due banche venete. Lo Stato c’è e chi ha creato difficoltà Veneto Banca e Popolare di Vicenza dovrà pagare». Anche per il segretario del PD Matteo Renzi si tratta di una scelta giusta: «Era doveroso farlo. Ora spero che i nostri parlamentari europei facciano una battaglia affinché i criteri molto selettivi delle banche venete siano applicate anche a quelle tedesche» ha dichiarato durante la rassegna stampa del Nazareno #OreNove. Con questa mossa Intesa San Paolo rafforza la sua posizione in Veneto, dove storicamente era più debole rispetto a Unicredit, l’altra grande banca italiana. Ma l’amministratore delegato d’Intesa Carlo Messina in un’intervista oggi su La Repubblica parla del ruolo decisivo della prima banca italiana: «Senza il nostro intervento, i 10 miliardi di titoli garantiti dallo Stato negli ultimi mesi per le due banche venete sarebbero andati in fumo. Se siamo stati gli unici a fare un offerta completa nell’asta presentata dal Governo, vuol dire che non abbiamo ereditato proprio un gioiello, ma una situazione complessa. Grazie al nostro intervento abbiamo aiutato a rafforzare il sistema creditizio italiano e tutelato dipendenti e correntisti».

I contrari. Non mancano le critiche. «Il Governo è intervenuto tardi e male. Le due banche venete sono state salvate per modo di dire. Più di 150mila risparmiatori hanno perso miliardi di euro», ha dichiarato il leader della Lega Nord Matteo Salvini in un’intervista ad Affariitaliani.it. «Tutta colpa di Padoan», commenta Renato Brunetta di Forza Italia che attacca il ministro dell’Economia sulla sua pagina Facebook: «Dovrà spiegarci perché il Fondo Atlante, in cui gli istituti di credito italiani hanno versato tanti soldi e attuale azionista di maggioranza delle due banche venete, ha visto evaporare tutta la sua dotazione di capitale in poche settimane, creando perdite miliardarie a tutto il sistema. È mai possibile che questo Governo non abbia una strategia lungimirante per risolvere il problema e sia costretto ogni volta a recarsi a Bruxelles col cappello in mano, presentando soluzioni artigianali che mostrano all’Europa tutta la sua debolezza?».  Non solo critiche da politici ma anche da molti opinionisti: “la situazione delle due banche venete si conosceva da tempo: perché il Governo e Banca d’Italia non hanno risolto il problema delle banche venete un anno fa? si chiede Ferdinando Giugliano. L’editorialista economico di punta de La Repubblica critica la scelta del Governo perché l’Italia non può permettersi ancora un aumento del debito pubblico. Commenta con ironia anche Ferruccio de Bortoli «I contribuenti italiani erano tutti azionisti senza saperlo».

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