Costo dell’energia in continuo aumento, materie prime sempre più care e su tutto l’ombra della recessione. Il futuro del mondo produttivo italiano è tutt’altro che roseo. Ad ammetterlo sono le stesse aziende: secondo l’indagine sulle aspettative di inflazione e crescita relativa al terzo trimestre 2022 condotta dalla Banca d’Italia presso le imprese dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti, gli imprenditori italiani sono sempre più pessimisti sulla situazione economica. Eppure, appaiono meno nere le previsioni sul Pil: l’istituto centrale ha stimato un valore ancora positivo per il 2023, sebbene inferiore rispetto alle stime precedenti.

Crescita lenta – La Banca d’Italia prevede ancora un Pil positivo nel 2023, anche se “significativamente ridotto” rispetto alle previsioni. Lo ha annunciato il direttore generale Luigi Federico Signorini. In un contesto di “incertezza alta”, le aspettative di crescita non cambieranno molto nel 2022, mentre – avverte Signorini – nella seconda parte del 2023 si prevede una ripresa e un Pil annuale complessivo positivo.Solo nello scenario peggiore di “un impatto prolungato della guerra sui prezzi e le forniture energetiche” e sul “commercio mondiale”, il Pil 2023 sarà negativo.

Il settore più colpito – Per quanto riguarda l’andamento dell’economia, è stato osservato “un lieve rallentamento nel terzo trimestre”, mentre si prevede un “impatto negativo più pesante” nel quarto, a causa – sottolinea Signorini – degli “alti prezzi dell’energia e del rallentamento mondiale”. A pagarne il prezzo maggiore sarà soprattutto l’industria manifatturiera, che nel terzo trimestre ha visto una riduzione. In salute è invece il settore dei servizi, ancora in crescita grazie alla buona stagione turistica.

Costi alle stelle – Secondo l’indagine condotta dalla Banca d’Italia “per quasi un terzo delle aziende, le difficoltà legate al costo dell’energia sono state maggiori che nel trimestre precedente”. Nello specifico, nel terzo trimestre “le attese sull’inflazione al consumo – si legge nel report – sono ulteriormente aumentate, superando il 6% sui 12 mesi e attestandosi su valori intorno al 5% anche sugli orizzonti più distanti (a due anni e tra tre-cinque anni)”. A rendere il quadro ancora più critico la fine di quell’impulso alla domanda che aveva sostenuto le attività negli ultimi mesi e che secondo le aziende non vivrà una ripresa a breve. Anche i piani di investimento hanno risentito del clima di pessimismo: il report parla di una moderata revisione al ribasso per il 2022.

Buone prospettive occupazionali – Restano però positive le prospettive occupazionali. “La quota di imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi che prevedono di espandere il numero di addetti è risultata superiore di 5,6 punti percentuali a quella di chi ne prevede una riduzione, un divario più contenuto rispetto alla rilevazione precedente (15,7)”. “Le attese – sottolinea l’indagine – sono più favorevoli nel comparto delle costruzioni, dove il saldo è aumentato lievemente a 11,7 punti percentuali (10,8)”.

Lo stato delle banche – Rispetto alle precedenti crisi, le banche italiane sarebbero in una situazione di maggior forza, con “una percentuale di crediti deteriorati che resta bassa e una capitalizzazione in lieve riduzione ma più alta di prima della pandemia”. Ma, ammonisce Signorini, “restano molto esposte ai rischi” del ciclo economico e dovrebbero esercitare “cautela quando prenderanno le loro decisioni di gestione del rischio e del capitale”