Un’offerta ostile, con condizioni «del tutto inusuali per operazioni di questa tipologia». Così Giuseppe Castagna, amministratore delegato dei Banco popolare di Milano, ha rifiutato l’offerta pubblica di scambio avanzata da Unicredit il 26 novembre. «Non riflette in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti». Il tentativo dell’istituto guidato da Andrea Orcel di dare forma al primo grande gruppo bancario italiano ha riacceso il dibattito sul tema del «risiko bancario». Inoltre la mossa rischierebbe di disturbare l’acquisizione di una quota Monte dei Paschi di Siena da parte di Bpm. Un’operazione favorita dal governo Meloni dopo la privatizzazione di parte della banca toscana.

L’offerta. L’ops, non concordata, è di 10 miliardi di euro. Ma niente contanti, bensì uno scambio di azioni, definito nel settore «carta contro carta». L’offerente, con questo sistema, vara un aumento di capitale al servizio dell’offerta, con cui si emettono le azioni da scambiare. La valorizzazione del titolo destinatario si basa su quello dell’offerente. In questo caso Bpm riceverebbe, per ogni sua azione, 0,175 azioni Unicredit. Sulla base del valore di Unicredit di 38,041 euro prima dell’offerta, la valutazione delle azioni del Banco equivarrebbe quindi a 6,657 euro. La proposta di Unicredit è stata considerata però ingenerosa. Rispetto al 22 novembre, le azioni del Bpm sono state valutate con un premio solo dello 0,5%. A ciò si è aggiunto un aumento delle azioni in Borsa del Banco nei giorni successivi, che renderebbe in questo momento l’offerta di Unicredit circa l’8% più bassa rispetto al valore reale. Nel merito, Castagna ha scritto una lettera ai suoi dipendenti: «Destano forte preoccupazione le sinergie di costo stimate dall’offerente – ovvero la riduzione dei costi a seguito della fusione delle aziende, da ottenere tramite condivisione dei budget di marketing, consolidamento tecnologico, ecc. -, che sono pari a un terzo della base costi di Banco Bpm». Questo, stima Bpm, «significherebbe tagli al personale di oltre 6.000 colleghe e colleghi».
Ora il mercato ipotizza un ritocco dell’offerta al rialzo e l’elaborazione di una strategia di difesa da parte di Piazza Meda. Le contromosse restano possibili. La banca, ha dichiarato il cda, «non trascurerà alcuna opzione strategica che possa ulteriormente contribuire all’obiettivo di creare valore per gli azionisti e per tutti gli altri stakeholders del gruppo».

Il «risiko bancario». Con la crescita dell’internazionalizzazione dei mercati finanziari negli ultimi decenni e con il peso sempre maggiore degli strumenti informatici, le banche hanno maturato l’esigenza di competere sui mercati internazionali e avere risorse per l’innovazione. Numerose le acquisizioni, cessioni o fusioni, e la spinta al cosiddetto «risiko bancario». La tendenza al «consolidamento» ha reso sempre più difficile la sopravvivenza degli istituti più piccoli. L’acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit, già impegnato in Germania con u’operazione analoga nei confronti di Commerzbank,  andrebbe a costituire il primo gruppo bancario italiano.
Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, primo gruppo bancario europeo per capitalizzazione, ha smentito che il suo istituto possa schierarsi, come “cavaliere bianco”, al fianco di Bpm che «noi siamo bianchi perché siamo perbene, ma non siamo cavalieri». A margine di un incontro nella sede di Torino ha sottolineato come la quota di mercato di Intesa Sanpaolo sia troppo elevata per poter fare operazioni in Italia, «quindi a prescindere dal fatto che non lo vogliamo fare, non lo potremmo fare». Sui possibili rischi occupazionali di un’eventuale fusione Unicredit-Bpm ha esortato i sindacati a vigilare. «Abbiamo integrato molte banche in questi anni. Ho sempre dato atto che il ruolo dei sindacati bancari nel nostro Paese è eccellente nella tutela delle persone e dell’occupazione».

Monte Paschi e il governo. Tornando al Banco, in questi giorni l’istituto è impegnato nell’implementazione del suo piano industriale. «Ci troviamo in un momento di grande rilevanza per il nostro gruppo, un passaggio storico che ci vede protagonisti attivi sul mercato», ha sottolineato Castagna. Ad Anima Sgr, holding della gestione del risparmio di cui il Banco è già azionista con il 22%, il 6 novembre è stata avanzata un’offerta pubblica di acquisto da 1,6 miliardi sul resto delle quote. In ballo anche l’annunciata acquisizione del 5% di Mps da parte del Banco. Per il gruppo toscano, di proprietà pubblica, il governo sta cercando in queste settimane un acquirente, dopo il risanamento successivo al salvataggio da parte del Tesoro. Ragione per cui una parte delle forze politiche che sostengono l’esecutivo di Giorgia Meloni giudicano la mossa di Unicredit un’interferenza non gradita nel tentativo di costituire un terzo