Entra nel vivo il complesso aumento di capitale di quella che fino a non molto tempo fa era la settima banca italiana per dimensioni. Carige attende oggi, martedì 21, il via libera da Consob e Borsa Italiana all’aumento di capitale per 560 milioni chiesta dalla Banca Centrale Europea e funzionale al salvataggio dell’istituto ligure. Dopo il crollo di lunedì (-37,54% a un prezzo di 9 centesimi per azione), il titolo Carige nella mattina di martedì in borsa guadagna circa il 50% e viaggia sulla quota dei 14 centesimi, molto al di sopra della soglia di un centesimo per azione alla quale è fissato l’aumento. Il titolo è stato riammesso agli scambi soltanto lunedì mattina dopo essere rimasto sospeso da giovedì scorso in attesa che ci fosse chiarezza sulla formazione del consorzio di garanzia che deve provvedere all’iniezione di nuovi capitali.

Vecchi soci piangono – La situazione si era sbloccata nella serata di venerdì scorso, quando le banche firmatarie dell’accordo per il consorzio di garanzia (Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays) avevano ottenuto l’impegno formale da parte dei grandi azionisti a sottoscrivere l’aumento, condizione necessaria a garantire il successo dell’operazione. Malacalza Investimenti, primo azionista dell’istituto, si è impegnato per il 17,6% delle quote e salirà fino al 28% dopo l’aumento, mentre il secondo azionista Gabriele Volpi si porterà dal 6 al 9,9%. Anche Aldo Spinelli (per lo 0,45%) e Coop Liguria (per l’1,76%) hanno sottoscritto l’impegno. L’esito dell’aumento di capitale dipenderà comunque in larga misura dall’atteggiamento che assumeranno i piccoli azionisti dell’istituto che detengono oltre il 50% del capitale di Carige. Tra loro ci sono molti residenti in Liguria con un forte legame con la banca e l’ad di Carige Paolo Fiorentino si è detto ottimista su una risposta positiva degli azionisti retail: “Aderire all’aumento rappresenta per i piccoli azionisti una possibilità di recuperare almeno una parte del valore che hanno perso”. Ma non bisogna dimenticare che gli azionisti si trovano a dover affrontare il quarto aumento di capitale dal 2008 a oggi (per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro). Aumenti bruciati dai cali in borsa di un titolo che nel settembre 2006 capitalizzava 4,5 miliardi e oggi poco più di 100 milioni. L’aumento per loro sarà “iperdiluitivo”, poichè è previsto “un numero di nuove azioni molto elevato rispetto al numero di titoli in circolazione, a un prezzo fortemente scontato rispetto a quello di mercato”, ha spiegato la Consob. Verranno emesse qualcosa come 49,81 miliardi di nuove azioni, pari a 60 volte quelle attualmente in circolazione

Nuovi soci incalzano – Secondo quanto dichiarato da Paolo Fiorentino, però, quasi la metà del capitale offerto avrebbe già trovato i sottoscrittori. Ad aprire la fila dei nuovi soci ci sarebbe Davide Serra che con il suo fondo Algebris sarebbe pronto a entrare con una quota del 2% circa. Ma ci sarebbe altri hedge fund pronti a entrare: il britannico Tosca, che in passato era arrivato a detenere il 5% del capitale di Carige, e Marshall Wace, anch’esso già in possesso di una quota rastrellata nel 2016. Fondi che fanno la parte dei “capitani coraggiosi” che intervengono per salvare una banca, ma che in realtà entreranno a supersconto nel capitale dell’istituto e probabilmente monetizzeranno a tempo debito, cedendo le proprie quote una volta che si saranno calmate le acque. Inoltre, ieri a mezzanotte è scaduto il termine per le offerte vincolanti e uno degli altri nomi che circolano è quello del gruppo spagnolo Santander, il primo titolo per capitalizzazione a Piazza Affari. Tra i nuovi azionisti ci potrebbe essere anche Credito Fondiario, che con Carige ha firmato un’esclusiva per lo smaltimento del portafoglio di crediti deteriorati (non performing loan, npl) della banca. Rimangono poi Unipol, Intesa Sanpaolo e Generali che potrebbero sottoscrivere la parte dell’aumento, circa 60 milioni dei 560 milioni complessivi, riservata agli obbligazionisti (convertendo i bond che possiedono in azioni dell’istituto).

Addio depositi e sciopero – In questa cornice stamattina è andata in scena in largo Pertini a Genova, con un ampia partecipazione, la protesta dei dipendenti di Carige contro i circa mille esuberi previsti dal piano di riassetto della banca. “Non possiamo pagare tutti per la gestione di pochi”, lo slogan della protesta indetta solo dalla Fisac Cgil e a cui non hanno preso parte le altre sigle. Curioso ricordare che soltanto dieci anni fa Carige comprò da Intesa 78 nuovi sportelli per la cifra di un miliardo di euro, il doppio di quanto richiesto oggi per quest’ultimo aumento di capitale decisivo per le sorti della banca. Sportelli di troppo e di cui oggi la banca non sa più cosa fare, poiché con l’avvento del digitale sono diventati invenstimenti poco redditizi di cui liberarsi al più presto. Così come lo è il portafoglio di circa 3 miliardi di euro di crediti in sofferenza che la banca deve cedere e che sono la ragione principale della richiesta di aumento di capitale da parte della Bce: vendendo i propri crediti a prezzi svalutati, l’istituto ha bisogno di nuovi capitali per sopravvivere e rispettare tutti i coefficienti patrimoniali. In questo la banca spera anche nel supporto dei propri correntisti che, spaventati dal precario stato di salute dell’istituto, potrebbero decidere di spostare il proprio denaro verso porti più sicuri, facendo mancare la liquidità di cui Carige necessita. Per il momento non si hanno dati sull’eventuale calo della raccolta da parte della banca in queste ultime settimane e soprattutto negli ultimi giorni ma le cifre coinvolte potrebbero essere imponenti: si parladella fuga di oltre 1,3 milioni di euro da una singola filiale.