Velocità, digitalizzazione, meno gare e difesa dei prodotti europei. Questi sono i temi principali del nuovo Codice degli appalti approvato dal governo. Il nuovo regolamento, composto da cinque libri e 229 articoli, è stato attaccato dalla Cgil, che scenderà in piazza il primo aprile per protestare, e dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Anche varie associazioni di categorie chiedono che venga rivisto prima della sua entrata in vigore.

Entrata in vigore – Ancora incerte le tempistiche per l’attuazione del decreto. Approvato in Consiglio dei ministri nella giornata di martedì 28 marzo, il primo aprile entra in vigore. La data fissata per l’applicazione è il primo luglio, ma non è certa. Anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini resta cauto: «Sulla carta parliamo del primo luglio, poi vedremo e aggiorneremo l’Europa». È importante rendere il più agevole possibile il passaggio tra il vecchio e il nuovo ordinamento per non compromettere alcuni progetti già avviati. Il nuovo codice in ogni caso non modificherà l’esecuzione del Pnrr: i fondi europei rimarranno sotto il decreto Semplificazione-bis.

Meno gare – Il codice si adegua alla norma europea in vigore dal gennaio 2022: sotto i 5,3 milioni di euro si avrà la possibilità di affidare il contratto direttamente, senza passare per un bando. Con questa nuova regola, nel 2021 meno del 2% degli appalti sarebbe stato affidato mediante una gara. Questa “liberalizzazione sotto soglia” alza di quattro milioni il precedente limite imposto dal vecchio codice.
Sono previste alcune regole: nei contratti fino a 150mila euro la scelta è praticamente arbitraria, per i contratti da 150mila a 1 milione di euro bisognerà consultare almeno cinque imprese. Dieci se l’importo è superiore al milione.

Tempi più rapidi – I sindaci dei piccoli comuni, sotto i 5mila abitanti, avranno più libertà per i lavori pubblici. Per i contratti fino ai 500mila euro non è obbligatorio passare per le stazioni appaltanti qualificate, cioè gli enti intermediari della pubblica amministrazione che affidano i bandi. Questo significa che il sindaco potrà concedere a chi vuole le opere pubbliche del paese, accelerando i tempi di esecuzione.

Appalto integrato – Oltre alla discussa norma dell’appalto a cascata, torna anche l’appalto integrato. La regola prevede che i lavori siano affidati a un unico operatore, sia la parte esecutiva che quella progettuale.

Made in Italy – È presente una norma definita “Prima l’Italia” che punta premiare le aziende italiane ed europee. Una norma che, secondo Matteo Salvini, prevede «una premialità se compri da Paesi che rispettano i diritti ambientali e dei lavoratori». Nell’articolo 170 si concede libertà di scelta all’appaltatore di respingere un’offerta che presenta più del 50% dei prodotti provenienti da un “Paese terzo”. In realtà, la norma non protegge solo il “made in Italy” e il “made in UE”: i “Paesi terzi” sono solo quelli che non hanno un accordo con l’Europa per quanto riguarda l’accesso delle sue imprese al mercato comunitario.

Misure anti inflazione – Nel codice è stata introdotta una norma che prevede una revisione dei prezzi nel momento in cui avviene una modifica, positiva o negativa, di almeno il 5% del costo totale delle materie prime. In questo caso l’80% delle spese verranno adeguate all’aumento. Con questa nuova regola si punta a proteggere le aziende dall’aumento dell’inflazione.

Digitalizzazione – Con il nuovo anno entrerà in vigore anche una “Banca dati nazionale dei contratti pubblici”, sotto controllo dell’Anac. Questo porterà, secondo il Governo, a ridurre i tempi di almeno 6 mesi e a rendere di facile consultazione i contratti e gli operatori economici.