Carlo Bonomi intervistato da Giovanna Pancheri sul palco dell’Assemblea generale di Assolombarda, Milano, 3 luglio 2023 (foto di Alessandra Neri)

Investimenti, Mes, Pnrr, salario minimo, inflazione e immigrazione. Sono stati sei i temi toccati dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi nel suo intervento ad all’Assemblea generale di Assolombarda, tenutasi lunedì 3 luglio a Milano. Intervistato sul palco della convention dalla giornalista Giovanna Pancheri, Bonomi ha commentato lo stato dell’economia italiana: «Sapevamo che l’Italia sarebbe cresciuta», ha detto, aggiungendo, però, che ora l’economia sta rallentando, all’interno di un quadro internazionale che in generale è in frenata. Di qui la necessità di fondi europei per stimolare gli investimenti e sostenere famiglie e imprese. Bonomi è sembrato in sintonia con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni su diversi argomenti, tra cui la modifica del Pnrr, anche se ha chiesto al governo velocità nel mettere in campo le risorse disponibili. In linea con Meloni, Il leader di Confindustria ha criticato la politica di rialzo dei tassi di interesse adottata dalla Banca centrale europea per combattere l’inflazione. Tanti, ovviamente, gli apprezzamenti al tessuto industriale italiano, che Bonomi ha definito centrale non solo per il Paese ma per tutta l’Europa. «Ho definito gli imprenditori degli “eroi civili” e ora lo ripeto, perché hanno sostenuto l’Italia nei momenti di difficoltà», ha detto concludendo il suo intervento.

Servono soldi – «Sapevamo che l’Italia quest’anno sarebbe cresciuta, ma c’è un grosso problema: quello degli investimenti», ha detto Bonomi. La capacità del Paese di mettere in campo risorse, però, non è rassicurante e per questo servirebbe il sostegno dell’Unione europea: «Dobbiamo agganciare in maniera ineludibile le transizioni indicate dall’Europa, ma per farlo dobbiamo investire. Per esempio, per agganciare la transizione verde la Commissione europea dice che ci vogliono 3.500 miliardi di investimenti, di cui 650 per l’Italia. Il Pnrr ne mette 60/70, gli altri 580 miliardi li dovrebbero investire famiglie e imprese…». Una soluzione, ha suggerito il presidente di Confindustria, potrebbe essere quella di utilizzare i fondi europei già esistenti, ad esempio il Meccanismo europeo di stabilità (Mes). «L’Italia sul Mes è impegnata per 25 miliardi di euro, di cui 14 già stanziati», ha detto Bonomi, che ha sottolineato come lo strumento, al centro di diverse polemiche circa la mancata ratifica da parte del nostro Paese, sia già stato modificato nel corso degli anni: «Il Mes è nato come fondo salva-stati, poi lo si è modificato per l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia e ora si pensa di usarlo per coprire le crisi bancarie. Noi chiediamo che quei soldi vengano utilizzati per stimolare investimenti su Green e digitale».

Un’occasione da non perdere – Sul fronte Pnrr, Bonomi in parte ha “spalleggiato” la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in parte l’ha “bacchettata”. Come lei ha espresso dubbi sulla sua struttura («I problemi del Pnrr di oggi nascono quando è stato firmato. Io non sono mai stato convinto: non c’è visione e c’è troppo frazionamento tra gli enti appaltanti», ha commentato Bonomi), ma ha anche rimarcato come si tratti di «un’occasione che non possiamo mancare, perché abbiamo segnali di rallentamento della crescita e quindi quei fondi ci servono, ma anche per rafforzare l’immagine internazionale dell’Italia». Il governo, quindi, deve «impegnarsi a mettere a terra velocemente le risorse necessarie» – e qui, forse, il riferimento è alla mancata erogazione della terza rata del Pnrr. La presidente del Consiglio ha detto che sul Pnrr verranno privilegiati i «progetti strategici» e il presidente di Confindustria ha indicato la sua strada: «Dobbiamo avere una visione di investimento con l’uomo al centro», ha detto, riferendosi a quella che ha chiamato “Industria 5.0”. «Dobbiamo stimolare investimenti 5.0, quindi su green e digitale, con crediti di imposta».

Salario minimo – Interpellato riguardo alle discussioni sul salario minimo degli ultimi giorni, Bonomi è stato chiaro: «Il salario minimo è uno strumento utile in quei paesi dove la contrattazione collettiva è debole e l’Italia non rientra tra questi», ha spiegato, sottolineando che «Se vogliono mettere un salario minimo a 9 euro l’ora, non è un problema che riguarda Confindustria, perché tutti i nostri contratti collettivi sono superiori».

No al rialzo dei tassi – Per quanto riguarda la lotta all’inflazione, Bonomi, ancora una volta in sintonia con quanto espresso dalla presidente del Consiglio nei giorni scorsi, è stato critico verso la politica di rialzo dei tassi di interesse adottata dalla Bce. «La nostra è un’inflazione da importazione, diversa da quella americana», ha detto, aggiungendo che quindi gli strumenti adottati dalla Federal Reserve non sono necessariamente utili anche nell’Eurozona. «Fino a un certo punto, noi abbiamo condiviso l’intervento della Bce, perché venivamo da un decennio di tassi negativi, che era un’anomalia». Oltre la soglia del 3%, però, per Bonomi si rischia di danneggiare l’economia e di entrare in recessione. «I prestiti a famiglie e imprese sono già crollati, in un momento in cui bisognerebbe investire», ha detto. Secondo il presidente di Confidustria, comunque, l’inflazione dovrebbe scendere tra il 3 e il 4% entro la fine dell’anno (attualmente, secondo le stime Istat per giugno, è al 6,4%). «Solo per le imprese, l’Italia spende 14 miliardi. Se il governo impiegassi quei soldi per abbattere il cuneo fiscale e aiutare le famiglie che ne hanno bisogno, sarei favorevole», ha aggiunto nella conferenza stampa a margine dell’evento.

Demografia e sviluppo – Due battute anche su un problema di stretta attualità: quello dell’immigrazione, un tema che va affrontato attraverso un «dibattito serio. Bisogna garantire un’immigrazione di qualità, come fanno altri paesi», così da ottenere più fondi. Quando si parla di immigrazione, ha aggiunto poi Bonomi, si parla di demografia. La curva demografica italiana è in declino, ma «se non cresciamo demograficamente, non cresciamo economicamente e quindi perderemo quel sistema di welfare che ci invidia tutto il mondo».