Dopo il crollo dei consumi durante l’emergenza coronavirus, lo spettro della criminalità organizzata minaccia negozi e ristoranti. Un commerciante su dieci rischia di subire estorsioni, usura o tentativi illeciti delle mafie di impadronirsi della sua attività. Lo rileva uno studio realizzato da Confcommercio e Format research, basato su un campione di 701 imprenditori di micro e piccole imprese dei settori del commercio e della ristorazione. Che fare in questi casi? A rispondere che “bisogna denunciare i responsabili alle autorità” è il 59,4% degli intervistati.
Il report – Lo studio Confcommercio-Format mette in luce gli ostacoli che la piccola imprenditoria deve fronteggiare nel dopo-lockdown. Secondo il 60,5% degli intervistati i problemi principali dopo quasi tre mesi di chiusura sono di natura strettamente economica: mancanza di liquidità e credito e ovviamente crollo dei consumi. Un 15% punta invece il dito contro la burocrazia e secondo il 13% circa il vero problema sono i costi di riapertura (sanificare gli ambienti, ad esempio). Un preoccupante 11% degli imprenditori teme le pressioni della criminalità. Sia per l’offerta di prestiti a usura sia per l’acquisizione, forzata dallo stato di necessità, di attività produttive messe in ginocchio dalla pandemia. Un imprenditore su dieci teme quindi che la criminalità organizzata approfitti delle sue difficoltà. «Ce lo aspettavamo, il dato era già emerso in precedenti questionari sia nazionali che locali. Quando manca liquidità a negozi e ristoranti c’è una recrudescenza del fenomeno», spiega Mario Peserico, vicepresidente Confindustria di Milano-Lodi-Monza e Brianza.
Usura in crescita – Le categorie che subiscono più pressioni dagli usurai sono quelle che più hanno subito le conseguenze della quarantena nazionale. Fra i ristoratori e i gestori di bar, il 13,1% dichiara di avere sentito personalmente notizie di pressioni usuraie su imprese del proprio settore e della propria zona. «L’unico crimine che aumenta durante il lockdown sembra essere l’usura», dice Peserico. Una percentuale non distante (8,8%) si rileva rispetto alla notizia di imprese che hanno subito dei tentativi di essere comprate a un prezzo fuori mercato. Cioè un prezzo molto più alto o molto più basso rispetto al suo valore attuale.
Chi denuncia – Sono ancora pochi gli imprenditori che denunciano alle forze dell’ordine le pressioni dell’usura e i tentativo della malavita di impadronirsi delle imprese. Il 60% circa degli intervistati ritiene che l’imprenditore alle prese con questi fenomeni debba denunciare subito. Il 33% delle risposte indica un’assenza di strategie rispetto alle pressioni criminali (“non saprei cosa fare”) e un’esigua minoranza sembra non aver più speranza (“non si dovrebbe fare niente poiché è inutile”). «Il dato che mi spaventa di più è quel 33% di imprenditori che rispondono di non saper cosa fare nel caso in cui subiscano queste pressioni», spiega Peserico. «Sono dati ovviamente non rassicuranti. Bisogna denunciare. Noi ci facciamo, nel caso, portavoce della denuncia anonima e le stesse forze dell’ordine raccolgono denunce in forma anonima». E quel 60% circa che si dichiara pronto a denunciare deve essere preso “con le pinze”: come spiega Peserico, il dato delle effettive denunce sul territorio Milanese di quattro anni fa era di un 10% scarso.