6,3 miliardi. È il prestito a cui punta Fca – Fiat Chrysler Automobiles per sostenere la attività produttive di Fca Italy, la controllata del gruppo in Italia, un tempo Fiat. Nella giornata di sabato 16 maggio l’azienda italo-statunitense ha fatto sapere di aver avviato la trattativa con Banca Intesa. Ma c’è dell’altro: ha chiesto che parte delle garanzie necessarie per ottenere i fondi siano fornite dallo Stato, seguendo la linea prevista dai decreti governativi emessi per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Significa che, se in futuro il gruppo automobilistico non potrà restituire la somma ricevuta dalle banche, ci penserà lo Stato stesso.
Prestiti e garanzie – Il decreto Liquidità dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte prevede infatti che durante la crisi siano messe a disposizione delle aziende italiane garanzie finanziarie fino a 750 miliardi di euro, in modo che ottengano dalle banche prestiti a condizioni agevolate. Le stesse garanzie possono essere usate solo da attività produttive che svolgono la propria attività in Italia. Inoltre, saranno utilizzate solo per prestiti che non superino il 25% del fatturato delle imprese che le richiedono. A gestire le garanzie è la Sace, società per azioni di Cassa Depositi e Prestiti: proprio a questo organismo si è rivolta Fca. L’azienda in un comunicato ha spiegato come intenderebbe usare i prestiti, che sarebbero rivolti «esclusivamente alle attività italiane del Gruppo Fca e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia».
Critiche – La mossa di Fca ha sollevato alcune polemiche perché né la sua sede legale né la sede fiscale sono in Italia. La prima è in Olanda, la seconda nel Regno Unito. Due fra le destinazioni preferite dalle grandi società: qui, per loro, le tasse sono più basse. A proposito di tasse, Fca Italy paga allo Stato italiano quelle sulle attività produttive svolte in Italia, ma il gruppo FCA paga nel Regno Unito le tasse sui dividendi che distribuisce ai suoi azionisti. A detta di alcuni, la richiesta di Fca sarebbe quindi poco legittima. Da più parti è stato detto che il gruppo automobilistico dovrebbe riportare la propria sede in territorio italiano. «Sarebbe inaccettabile che un grande gruppo industriale che ha deciso di spostare, legittimamente, la sede legale nei Paesi Bassi, chiedesse, con la controllata Fca Italy, un finanziamento avvalendosi delle garanzie pubbliche dello Stato che ha, invece, abbandonato. Sarebbe una cosa insopportabile che il governo italiano non dovrebbe consentire», ha detto il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre) Paolo Zabeo, pochi giorni prima che la notizia venisse confermata.
Sindacati – In tutto 16 stabilimenti e 26 centri di ricerca e sviluppo, con 55mila dipendenti. Questi sono i numeri di Fca Italy. Lo stop forzato al mercato dell’auto ha messo e mette a rischio molti posti di lavoro, motivo per cui i sindacati si sono schierati a favore della richiesta avanzata dai piani alti di Fca: «La richiesta di Fca-consiste in un prestito rivolto esclusivamente alla parte italiana del gruppo e sarebbe finalizzata ad alimentare i numerosi fornitori, nonché a facilitare la realizzazione dei 5 miliardi di investimenti previsti per il nostro Paese, in una situazione di sostanziale assenza di vendite e quindi di fatturato», hanno detto Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore automotive. «L’azienda ha richiesto accesso a misure previste da decreto Liquidità dopo che si è azzerato per due mesi il fatturato. Nel decreto Rilancio, azienda e organizzazioni sindacali sono rimasti delusi per la totale assenza di misure per sostenere il mercato dell’auto. «Si quantificano circa 0 € su 55 miliardi», hanno aggiunto in una nota congiunta il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli e Raffaele Apetino, coordinatore nazionale automotive.
Decreto Semplificazioni – Sulla questione si è espresso anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, interpellato dai giornalisti: «Se Fca beneficia dei finanziamenti significa che rientra nelle disposizioni del decreto. È vero, la capogruppo risiede all’estero. Però le fabbriche e i lavoratori producono in Italia». Il premier ha poi annunciato che il tema, nello specifico, sarà trattato in un decreto Semplificazioni: «Vogliamo rendere il nostro Paese maggiormente attrattivo per le aziende, anche dal punto di vista fiscale».