Potrebbe essere il decreto Rilancio, ancora in via di definizione, una delle vie per facilitare l’erogazione della cassa integrazione che, a molti lavoratori in difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus, non è ancora arrivata. L’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) ha cercato di fare il punto sulle mancate ricezioni dell’integrazione salariale ma c’è ancora molta confusione: le domande sono bloccate tra regioni in difficoltà e decreti per l’emergenza sanitaria.

Che cos’è – La cassa integrazione guadagni (CIG) è un aiuto economico previsto dall’ordinamento e consiste nel versamento di una determinata somma di denaro da parte dell’INPS al lavoratore. Il suo scopo è quello di integrare o sostituire la retribuzione prevista per il lavoratore in periodi straordinari di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. La misura dell’indennità è pari all’80% della retribuzione del lavoratore (non oltre le 40 ore di lavoro a settimana), mentre il restante 20% può essere integrato dal datore di lavoro. Ogni anno l’INPS stabilisce un tetto massimo e minimo per l’integrazione del salario che il lavoratore riceverà sia in caso di assegno ordinario che in caso di assegno emergenziale o di disoccupazione. Tale assegno viene calcolato in base al proprio stipendio lordo. La cassa integrazione viene riconosciuta ai lavoratori subordinati e dopo un periodo lavorativo di almeno 90 giorni precedente alla presentazione della domanda. Oltre a queste caratteristiche standard, la cassa integrazione si distingue in ordinaria (CIGO), straordinaria (CIGS) e in deroga (CIGD).

La differenza – La cassa integrazione ordinaria è pensata per sostenere il reddito di lavoratori in situazioni di difficoltà dovute a un temporaneo problema dell’azienda per cui lavorano. Tra le cause esterne (e quindi non dipendenti dal lavoratore) possono esserci mutazioni temporanee di mercato e danni stagionali. La CIGO è rivolta, in particolare, ai lavoratori del settore dell’industria e dell’edilizia. La cassa integrazione straordinaria invece, è rivolta ai lavoratori che si trovano sospesi o ad orario ridotto a causa di motivi interni all’attività per cui lavorano. Per citarne alcune, eccedenza di personale o riduzione della produzione, conversione della produzione o crisi dell’impresa. Questo trattamento è rivolto all’integrazione salariale di realtà industriali, edili e anche artigiane a patto che abbiano occupato, nel semestre precedente la richiesta, almeno 15 persone. In questa cassa sono inclusi anche i lavoratori del settore del commercio, delle agenzie di viaggio e del turismo, a patto che nel periodo precedente la richiesta abbiano occupato più di 50 dipendenti. La cassa integrazione in deroga è una prestazione rivolta ai dipendenti delle aziende escluse dagli ammortizzatori sociali e può essere richiesta da imprese, piccoli imprenditori o da cooperative sociali compreso il settore agricolo, la pesca e il terzo settore. La CIGD, a differenza delle altre integrazioni, viene concessa dalla regione o provincia autonoma in cui ha sede l’attività che la richiede. Oppure, in caso di attività pluri-localizzate sul territorio, deve essere concessa dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze tramite un decreto interministeriale.

I ritardi – Ed è a questo che sono legati i problemi attuali della ricezione della cassa integrazione in deroga. Le risorse a cui le regioni possono accedere per concedere la cassa integrazione alle imprese sono regolate da appositi decreti previsti dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in accordo con il ministero dell’Economia e delle Finanze. Un passaggio “macchinoso” perché deve passare dalle regioni e rispettare le direttive di un decreto, perciò più lento rispetto alla diretta ricezione della cassa integrazione attraverso l’INPS. La delocalizzazione della gestione della cassa integrazione oggi diventa un ulteriore nodo da sciogliere per regioni come la Lombardia, già in difficoltà per l’emergenza sanitaria e con una percentuale alta di richieste. Per questo, tra le anticipazioni del nuovo decreto Rilancio, pare ci sia anche la possibilità di lasciare alle aziende la possibilità di anticipare l’integrazione del salario, le quali poi verrebbero risarcite dall’INPS.

Le novità – Per far fronte alla pandemia e alla crisi economica che ne consegue, il decreto Cura Italia ha introdotto diverse misure a sostegno dei lavoratori. Modifiche che dovrebbero snellire i tempi e i modi con cui le imprese possono presentare la domanda e, quindi, anche la ricezione da parte dei lavoratori, attraverso l’inserimento della causale “Covid-19” sulla richiesta. Le misure, entrate in vigore il 23 febbraio 2020, avevano inizialmente una decorrenza di 9 settimane (poco più di due mesi). Con il nuovo decreto Rilancio, che dovrebbe essere ufficializzato a breve dal Governo, l’integrazione salariale potrà essere prorogata per altre nove settimane suddivisibili in 5 prima di fine agosto e 4 solo per i mesi di settembre ottobre. Inoltre, i lavoratori con partita IVA, a cui è stata concessa per i mesi di marzo e aprile (ma in molti non l’hanno ancora ricevuta) un’indennità di 600 euro, è previsto un bonus di 1.000 euro per il mese di maggio.