Il settore del trasporto aereo si rialza a fatica dopo i mesi difficili della pandemia. Settimane di lockdown e restrizioni hanno congelato i guadagni di un mondo che si basa sugli spostamenti. Oltre il 98% del traffico si è fermato, con alcune eccezioni per garantire i viaggi non rinviabili. Pesanti anche le conseguenze sui lavoratori, con oltre 10mila persone messe in cassa integrazione. Intanto, il Decreto Rilancio ha confermato che il governo spenderà tre miliardi per nazionalizzare la compagnia aerea Alitalia, in crisi da diversi anni. Una decisione che ha sollevato le critiche di alcune compagnie low cost – prima fra tutte, Ryanair – che accusano il ministro delle Infrastrutture Paola de Micheli di non aver dato adeguato sostegno al settore.

Bilanci – Lo dicono i dati raccolti da Assaeroporti: a marzo 2020 gli scali italiani hanno perso 12 milioni di passeggeri, ad aprile 16 milioni e a maggio circa 17 milioni. In tutto si parla di 45 milioni di viaggiatori in meno rispetto al 2019. «È il peggior calo di sempre», ha dichiarato Fabrizio Palenzona, presidente di Assaeroporti in un comunicato stampa. «Le prossime settimane saranno decisive per porre le basi della ripartenza di un settore strategico per il nostro Paese. I correttivi al DL Rilancio, le misure che saranno inserite nel DL Semplificazioni e i prossimi DPCM sono le ultime occasioni per garantire la mobilità del Paese, ripristinare i collegamenti con l’Europa e il mondo e conservare migliaia di posti di lavoro. Non possiamo lasciarci sfuggire questa occasione: il danno sarebbe irrecuperabile».

Previsioni – Per il 2020 Assaeroporti prevede un calo di 1,6 miliardi di euro di ricavi e di 120 milioni di passeggeri. In un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, Palenzona ha aggiunto che per una ripresa complessiva sarebbero necessari circa 800 milioni e bisognerebbe pensare di supportare i lavoratori del settore con un fondo dedicato e investimenti a lungo termine. Intanto, per volare in sicurezza è necessario seguire le norme scritte nel DPCM del 17 maggio, in vigore fino al 14 giugno del 2020. Riassumibili in una parola: distanziamento, obbligatorio sia all’interno degli aeroporti che a bordo degli aerei. Significa che su una fila di tre posti quello in mezzo deve essere lasciato libero, così da garantire almeno un metro di lontananza fisica fra i passeggeri. La regola non si applica per i componenti di nuclei familiari conviventi, che possono sedersi vicini. I viaggiatori sono in ogni caso obbligati a indossare la mascherina durante tutto il tragitto. Dopo il 14 giugno e in mancanza di ulteriori indicazioni dal ministero della Salute, in Italia si applicheranno le Linee guida Easa, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea, che suggeriscono il rispetto del distanziamento dove sia possibile. Lo si legge sul sito di Enac, l’ente nazionale per l’aviazione civile. Si precisa inoltre che chiunque scelga di vendere tutti i posti disponibili senza tenere conto delle restrizioni rischia una sanzione anche penale.

I costi –  Secondo la Iata (International Air Transport Association) rispettare il distanziamento anche a bordo causerebbe un rincaro dei prezzi di oltre il 50%, con alcuni picchi che raggiungerebbero anche il 102%. Ma non succederà subito. I prezzi subiranno una sorta di curva, secondo l’opinione di Brian Pearce, capo economista della Iata, riportata da Il Corriere della Sera. All’inizio ci sarà un calo dei prezzi di circa il 40%, dovuto alla necessità di riconquistare i clienti e passeggeri. La necessità di distanziare le persone, però, si farà sentire e impatterà sui bilanci delle compagnie, che rischieranno di volare in perdita senza neanche poter coprire i costi produttivi. Un Airbus A320 o un Boeing 737, per esempio, molto usati dalle low cost, potrebbero mettere in vendita solo il 67% dei posti disponibili. Percentuale che difficilmente potrebbe essere raggiunta, perché è da escludere che tutti i posti vendibili siano effettivamente acquistati. In ogni caso, si tratta di un valore troppo basso e inferiore a quello minimo perché un volo risulti in pareggio (in Europa la media è del 79%). Sempre secondo la Iata, su 122 compagnie analizzate solo quattro sarebbero in grado di ricavare profitti pur avendo venduto meno biglietti.