Il Quantitative easing della Bce proseguirà fino a settembre 2018 «o anche oltre se necessario». Una decisione che arriva nel giorno in cui la Commissione Ue comunica che nonostante «la ripresa economica in Italia nel 2017 acceleri», nei prossimi due anni «le basse prospettive di sviluppo modereranno la crescita». Tradotto: il Prodotto interno lordo crescerà nel 2017 dell’1,5%, rallenterà all’ 1,3% nel 2018 per poi calare all’1% nel 2019. L’Italia rimane ultima in Europa per la crescita su tutto il periodo coperto dalle previsioni. L’annuncio della Bce sul Qe (l’acquisto di titoli pubblici emessi dai Paesi dell’Eurozona) farà discutere soprattutto a Berlino, da sempre ostile all’operazione, e di certo non aiuterà a frenare le voci secondo cui Mario Draghi, presidente dell’istituto, sia troppo solidale verso l’Italia e gli indebitati Paesi del Sud. Di certo, la comunicazione non dispiacerà a Roma.

Pierre Moscovici, il Commissario Ue per gli affari economici e monetari

L’Italia frena – «La ripresa economica in Italia accelera nel 2017 grazie alla domanda esterna e domestica, ma i venti di coda in rallentamento e le più basse prospettive di crescita nel medio periodo modereranno la crescita» nei prossimi due anni. Lo scrive la Commissione che, nonostante riveda al rialzo il Pil 2017 (da 0,9 a 1,5%) e quello 2018 (1,3 a 0,9%), sottolinea che l’Italia resta l’ultima in Europa. Solo il Regno Unito, che però grazie alla Brexit viene per la prima volta escluso dalla tabella, ha un andamento del Pil quasi uguale a quello italiano. Va invece a Malta il record della crescita: +5,6% nel 2017, +4,9% nel 2018 e +4,1% nel 2019. L’economia dell’Eurozona si muoverà nel 2017 «con il suo ritmo più veloce da un decennio» arrivando a un Pil del 2,2%, con un revisione al rialzo di un +0,5% rispetto alle stime di maggio. Il Pil dei Paesi membri è rivisto al rialzo anche per il futuro, con un 2,1% nel 2018 (precedenti previsioni all’1,8%) e all’1,9% nel 2019. Niente di nuovo, rispetto al deficit, per l’Italia: la Commissione abbassa le stime per il 2017, in cui la differenza tra entrate e uscite scende al 2,1%, e quelle per il 2018 (all’1,8%) «grazie ad una crescita più alta» e ad alcune misure come spending review e scontrino elettronico obbligatorio. Nel 2019, però, a politiche invariate, tornerà al 2%.

Cos’è il Qe – L’alleggerimento quantitativo è un intervento non convenzionale di politica monetaria e consiste nell’acquisto da parte di una Banca Centrale di titoli bancari. Con il Qe i titoli – che sono spesso statali e corrispondono a grandi quantità di denaro investito che le banche terrebbero immobilizzati – vengono comprati a prezzi vantaggiosi dalla Bce. Lo scopo è aumentare la quantità di denaro in circolazione nel sistema. La disponibilità, secondo i sostenitori dell’operazione, dovrebbe spingere le banche a elargire più prestiti. Inoltre, i debiti di famiglie e imprese si ridurrebbero in termini reali consentendo l’espansione dei consumi e degli investimenti. I detrattori dell’intervento sostengono che non è detto che il denaro che arriva alle banche col Qe passi poi davvero all’economia reale. Le banche potrebbero decidere di tenere quel denaro in depositi magari a basso o bassissimo rendimento ma del tutto privi di rischio. I detrattori dell’alleggerimento sostengono inoltre che potrebbe essere rischioso prestare quel denaro, in particolare nei periodi di difficoltà economiche.

La storia del Qe – L’operazione di alleggerimento quantitativo da parte della Bce è iniziato nel marzo 2015 al ritmo di 60 miliardi di euro al mese. Draghi comunicò che sarebbe continuato fino a quando il tasso di inflazione nell’eurozona non sarebbe tornato ad avvicinarsi al 2%. Col tempo il Qe è stato esteso all’acquisto di obbligazioni emesse da società per azioni private a prevalente partecipazione pubblica intervenendo in maniera diretta sull’economia reale. Per l’Italia sono oggetto di acquisto le obbligazioni di Cassa depositi e prestiti, Snam, Terna, Enel e Trenitalia. Il 10 marzo 2016 la Bce ha deciso a maggioranza, nonostante il voto contrario della Germania, di portare da 60 a 80 miliardi di euro l’importo mensile di acquisto del Qe e di estendere l’acquisto a titoli emessi da società private non bancarie. Il 25 ottobre scorso è stato deciso di prolungare l’intervento per altri 9 mesi diminuendo in maniera consistente l’entità delle operazioni, che da gennaio 2018 sarà pari a 30 miliardi di euro al mese. Oggi, 9 novembre, ha ribadito che la misura «proseguirà fino alla fine di settembre 2018, o anche oltre se necessario». Aggiungendo che reinvestirà il capitale dei titoli in scadenza «per un prolungato periodo di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti di attività, e in ogni caso finché sarà necessario».