«L’Italia ha fatto ciò che doveva in passato. Ora Stellantis mantenga gli impegni verso il Paese e i lavoratori», così Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, all’assemblea di Confindustria Genova del 5 dicembre. La pressione su Stellantis si fa sempre più forte in seguito alle dimissioni dell’amministratore delegato Carlos Tavares, presentate lo scorso 1 dicembre. La crisi dell’azienda di automobili è giunta dopo anni di licenziamenti in massa e tagli agli investimenti. Anche il presidente John Elkann, in visita alla fabbrica Maserati di Modena, ammette: «La nostra industria sta attraversando momenti duri».
Tagli del personale – Stellantis nasce nel gennaio del 2021 dalla fusione tra l’azienda francese Psa (Peugeot Citroën) e l’italoamericana Fca (Fiat Chrysler). Da quel momento, il numero di dipendenti è passato da 53mila ai 40mila stimati per la fine del 2024: circa una persona su quattro è stata mandata a casa. Sono dati che si inseriscono in una fase di crisi generale del settore automobilistico italiano ed europeo, confermata dalla stima di AlixPartners di 50mila posti di lavoro a rischio solo nella filiera italiana dell’auto. L’impatto economico dei tagli al personale è da calcolare sulla base di una buonuscita variabile tra i 30mila e i 130mila euro che Stellantis concede a chi viene licenziato, numeri che portano a stimare una spesa di 500 milioni di euro negli ultimi tre anni. A questi vanno aggiunti i 703 milioni spesi dallo Stato tra il 2021 e maggio 2024 per garantire la cassa integrazione ai dipendenti licenziati dalla multinazionale, dato in aumento rispetto ai 183 milioni necessari a Fca per la stessa causa tra il 2014 e il 2020.
Poca lungimiranza – Nonostante gli interventi statali, l’azienda non ha saputo soddisfare le esigenze di un settore che si trova nel pieno di una transizione verso l’elettrico che richiede investimenti su ricerca e sviluppo. Tra il 2021 e il 2024 sono 19 i miliardi che Stellantis ha destinato all’innovazione, il 3,8% dei suoi ricavi annui. Nel solo 2023, Volkswagen ha investito 21,8 miliardi nello stesso settore, corrispondenti all’8,1% del suo fatturato. Negli anni passati la strategia di Tavares è stata quella di mantenere al minimo al produzione e rialzare i prezzi quando possibile: una scelta che ha garantito sia l’appoggio dei soci che il malcontento dei dipendenti. Nel 2024 la bolla è esplosa e le arretratezze dell’azienda in materia tecnologica e di sviluppo non sono più sostenibili.
Una questione politica – L’affare Stellantis sarà al centro di un tavolo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy il prossimo 17 dicembre: «attendiamo novità concrete che riaffermino la centralità del nostro Paese nel piano industriale del gruppo», ha detto il ministro Adolfo Urso. Nella prossima manovra di bilancio è previsto un taglio di 4,6 miliardi al fondo per l’auto e Urso ha già preannunciato che i 200 milioni rimasti per il 2025 saranno integrati fino a 750 milioni e destinati unicamente a sostenere gli investimenti delle imprese. Prima del tavolo al Mimit, il 12 dicembre si terrà un incontro tra i sindacati metalmeccanici e il responsabile di Stellantis in Europa Jean-Philippe Imparato, tra i candidati eredi di Tavares.