Non ci solo le sanzioni dei governi. A isolare la Russia sono anche molte aziende che hanno deciso di disinvestire o tagliare i rapporti con il Paese dopo l’invasione dell’Ucraina. Dal settore energetico a quello dell’intrattenimento, passando per le big tech. Tra chi decide di prendere posizione nei confronti della Russia per sostenere la popolazione ucraina e chi, proprio a causa delle sanzioni europee e statunitensi, non vede più in quello russo un mercato sicuro. Un esodo che, secondo gli esperti, potrebbe continuare per evitare che il fare affari con Putin porti a ulteriori perdite finanziarie o reputazionali.

Petrolio e gas – La mossa decisiva in questo esodo di aziende è quella delle grandi compagnie che operano nel settore energetico. Tra le prime a lasciare il paese c’è l’inglese BP he ha annunciato di voler sciogliere la sua partecipazione del 20% nel gigante petrolifero russo Rosneft. A seguire l’esempio di BP anche altri suoi competitor come ExxonMobil e la Shell. Quest’ultima ha annunciato che abbandonerà tutte le sue operazioni in Russia, inclusa la partecipazione del 27,5% che il gruppo detiene nell’impianto Sakhalin 2 LNG di proprietà della russa Gazprom. Anche la società energetica Equinor – l cui maggioranza appartiene allo stato norvegese – ha ceduto tutte le joint venture aperte in Russia. Sono tiutte decisioni che, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa  Reuters, potrebbero costare solo a BP 25 miliardi di dollari e a Shell almeno 3 miliardi. Per quanto riguarda le aziende italiane, l’Eni ha dichiarato di voler vendere la sua quota, paritetica a quella di Gazprom, del gasdotto sottomarino Bluestream che collega la Russia alla Turchia.

Motori – Ferma anche la reazione del settore automotive. Finora multinazionali come Bmw, Ford e Renault hanno deciso di limitare la propria presenza in Russia. In particolare, Bmw ha bloccato le esportazioni delle auto, Ford ha sospeso tutte le attività nel Paese e Renault ha chiuso il suo impianto di Mosca. Anche Toyota ha annunciato di sospendere tutte le operazioni nello stabilimento di San Pietroburgo, viste anche le criticità legate all’approvvigionamento delle materie prime. Honda, invece, ha deciso di fermare l’invio di auto in Russia per problemi nei pagamenti nel Paese, aggravati di ora in ora dalle sanzioni. A queste si aggiunge anche la casa motociclistica Harley-Davidson, Volvo Cars e General Motors.

I colossi tech – Nel mondo hi-tech Youtube, Microsoft, Twitter e Meta hanno bloccato i canali di informazioni Russia Today e Sputnik, spesso accusati di disinformazione e propaganda russa. Su Facebook è stato vietato ai media statali russi pubblicare inserzioni pubblicitarie. Google ha invece bloccato alcune funzioni di geolocalizzazione di Google Maps: saranno rimosse le posizioni inviate dagli utenti all’interno dei confini di Russia, Ucraina e Bielorussia per proteggere la popolazione da eventuali attacchi. «Per cautela, stiamo rimuovendo i contributi degli utenti come foto, video, recensioni e informazioni commerciali», ha annunciato un portavoce di Mopuntain View. Scelta simile anche da Apple, che ha annunciato di aver disabilitato servizi come Apple Maps e di Apple Pay in Russia e oscurato le applicazioni di RT News e di Sputnik News fuori dalla Russia. Il colosso di Cupertino ha inoltre dichiarato di sospendere la vendita dei suoi prodotti nel Paese. Decisione presa anche dal gigante dell’informatica Dell.

Cinema & intrattenimento – Alla questa lunga lista di aziende, si aggiungono anche quelle dell’entertainment. Colossi come Warner Bros, Sony e Disney hanno deciso di sospendere l’uscita dei loro film in Russia. La compagnia di Topolino ha annunciato che per il momento è sospesa l’uscita – prevista per metà marzo – del nuovo film targato Pixar, Red. «Prenderemo future decisioni commerciali in base all’evoluzione della situazione», si legge in un comunicato distribuito dalla Disney, «nel frattempo, data la portata dell’emergente crisi dei rifugiati, stiamo lavorano con i nostri partner e con le Ong per fornire aiuti urgenti e tutta l’assistenza umanitaria necessari». Con decisioni più o meno temporanee sospese anche le nuove uscite legate al mondo fantasy e dei supereroi: Warner Bros ha rimandato il nuovo The Batman – potenzialmente uno dei fenomeni cinematografici dell’anno –  mentre Sony ha annunciato di posticipare l’uscita in sala di Morbius. Misure simili sono state adottate anche da Netflix: il colosso dello streaming ha annunciato che continuerà a operare in Russia ma che non trasmetterà i canali televisivi di stato sulla propria piattaforma. Una scelta presa contro una nuova legge – in vigore dal primo marzo – per la quale tutti i servizi che raggiungono più di 100mila abbonati russi, dovrebbero anche distribuire nel Paese i canali in chiaro.

Gli altri casi – Il pressing nei confronti di Putin viene anche da compagnie impegnate nel settore finanziario. Dopo l’esclusione – per il momento – di sette banche russe dal circuito finanziario globale Swift,  anche alcune società hanno deciso di imporre sanzioni analoghe. Mastercard e Visa hanno, ad esempio, bloccato i loro servizi per diversi istituti di credito russo. A sospendere i propri servizi, in questo caso nel settore della logistica, anche le multinazionali FedEx, Ups e Dhl, che hanno allargato la decisione al territorio Ucraino. Le multinazionali Maerk e MSC, leader nel settore delle spedizioni tramite container,  hanno annunciato di sospendere la propria attività di import-export. MSC però ha sottolineato che continuerà ad accettare ordini per merci come cibo e medicine, considerate essenziali. Prese di posizione anche da Nike, che ha sospeso le vendite dei suoi prodotti online nel Paese, e da Adidas che ha interrotto la collaborazione con la federcalcio russa.