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Tecnici, politici, illustri accademici ed europeisti bocconiani. Per via XX Settembre sono passati davvero in tanti. A prendere le redini del Ministero dell’Economia e delle Finanze, altrimenti detto Mef, ci hanno provato in sette dal 2001, quando una riorganizzazione strutturale ha accorpato le funzioni dei Ministeri del Tesoro, del Bilancio e programmazione economica e delle Finanze. Finora, però, nessuno è riuscito nella grande impresa: risanare l’economia del Paese e ridare dinamismo al sistema economico più rallentato d’Europa.

Ci ha provato per ben tre volte il professor Giulio Tremonti, cavallo di razza della scuderia Berlusconi nel periodo di Forza Italia, atto primo. Profilo politico e accademico di lunga data, tributarista all’Università di Pavia, muove i primi passi nel Partito socialista italiano con Gianni De Michelis per poi confluire nel progetto dell’imprenditore illuminato. È vicepresidente di Forza Italia, ma soprattutto Ministro dell’Economia, dal 2001 al 2004, nel 2005 e 2006, tra il 2008 e il 2011. Molti hanno attribuito all’ex braccio destro di Berlusconi, non senza ironia, le scelte in direzione di una “finanza creativa”. Nel susseguirsi delle legislature, in materia di conti pubblici, la stampa e gli oppositori ricorrono alla traduzione del “creative finance” inglese. A cominciare da Eugenio Scalfari, per indicare il ricorso del capo del ministero a «giochi di prestigio mozzafiato», «giochetti», «pannicelli caldi». Tremonti risponde per le rime, controconiando per sé la definizione di “anti-mercatista”. Defiscalizzazioni d’impresa, abolizione dell’Ici sulla prima casa e condoni fiscali: il suo background da commercialista non è secondario nell’attività di governo.

Silvio Berlusconi lo rimpiazza per due volte, nel 2004 e nel 2006. Nei vari governi retti dal leader di Forza Italia, due parentesi in via XX Settembre non potevano certo mancare allo stesso Berlusconi. E anche il Cavaliere avrebbe desiderato ritornarci per la terza volta, quando nel gennaio 2013 proponeva Alfano come candidato premier e ipotizzava di reggere l’Economia (insieme alla carica di Primo Ministro ombra). Una dichiarazione che certamente sintetizza la visione economica di Berlusconi risale al 2010: «Perché dovremmo pagare uno scienziato quando facciamo le migliori scarpe del mondo?».

Domenico Siniscalco è stato poco più di una parentesi. A capo del Mef dal luglio 2004 al settembre 2005, è l’unico tecnico a cui si è rivolto Berlusconi per sistemare i conti pubblici. Dottorato a Cambridge, professore di Economia politica da Torino alla Luiss, da Cagliari a Lovanio, ha diretto la Fondazione Eni Enrico Mattei ed è stato nel Consiglio d’amministrazione di Telecom Italia. Le sue dimissioni sono state accettate senza indugio, quando le divergenze sulle scelte finanziarie sono diventate incolmabili e l’esecutivo non ha appoggiato la sua richiesta di dimissioni del governatore della Banca d’Italia Fazio.

Poi è arrivato il momento dei “traghettatori” bocconiani, aperto da Tommaso Padoa Schioppa. Che resterà alla storia per la battaglia aperta all’evasione fiscale e il relativo “tesoretto”, ma soprattutto per il neologismo e il dilemma del secolo: “bamboccioni” si nasce o si diventa?

Mario Monti sarà ricordato soprattutto come Mr. Spread o Signor Austerità. Ha fatto del differenziale tra Btp e Bund un cavallo di battaglia che ha legato nell’immaginario collettivo al salvataggio dell’Italia, insieme alla discussa riforma del lavoro e delle pensioni, passando per le liberalizzazioni e il taglio dei costi della politica.

Se Vittorio Grilli, al Tesoro per meno di un anno, tra 2012 e 2013, rimane in linea con l’azione di Monti, con Fabrizio Saccomanni entriamo nelle cronache di oggi. Prima governatore della Banca d’Italia e uomo di fiducia di Mario Draghi, Saccomanni potrebbe essere riconfermato dal rottamatore Renzi, ma rivendica l’azione del governo Letta: «La ripresa della seconda parte del 2013 è dovuta a misure che abbiamo adottato noi, è ‘homegrown’ (cresciuta in casa) – ha detto all’ultimo Ecofin -. Abbiamo ereditato un’economia in calo del 2 per cento a trimestre. Ora l’economia non si contrae più o cresce moderatamente».

Silvia Ricciardi