Bankitalia lancia l’allarme: il debito pubblico galoppa. Solo nel 2020 è cresciuto di 160 miliardi. Così come aumenta l’intervento dello Stato nell’Economia.  E sulle spalle del nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi grava il compito di risolvere i numerosi dossier lasciati aperti dai precedenti esecutivi: dal caso Ex Ilva, alla questione della moribonda – ormai da anni – Alitalia, la gestione del fronte Monte dei Paschi di Siena e la partita industriale e occupazionale rappresentata dalla chiusura dello stabilimento napoletano di Whirlpool.

Ex Ilva verso lo spegnimento dell’altoforno  – Dopo l’atteso via libera della Commissione europea all’acquisizione del controllo congiunto di Am InvestCo – la società formalmente affittuaria degli stabilimenti ex Ilva – da parte di Arcelor Mittal e Invitalia, si riaccende la discussione sulle sorti dell’iconico stabilimento tarantino. Lo scorso 13 febbraio il Tar di Lecce ha dato ragione al sindaco Rinaldo Melucci, rigettando gli appelli di Arcelor Mittal, del ministero dell’Ambiente e della Prefettura di Taranto: secondo la sentenza del Tribunale, la multinazionale dell’acciaio che gestisce lo stabilimento siderurgico ionico ha due mesi «per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo». A motivarla è la «situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini», che non permette di escludere il ripetersi fenomeni inquinanti a danno della popolazione residente. I sei reparti (Acciaierie, Cokeria, Agglomerato, Altoforni, Gestione Materiali Ferrosi e Parchi minerali), sequestrati nel 2012 dal gip Patrizia Todisco, dovranno chiudere definitivamente. Ora la palla passa a Draghi, che dovrà trovare un compromesso tra interessi economici e le promesse di un “Governo ambientalista”.

Alitalia: lo “zombie” di stato vicino al tracollo definitivo – È una storia che va avanti ormai da anni, a colpi di ingenti iniezioni di capitali pubblici e fallimenti sfiorati per il rotto della cuffia. È la vicenda senza fine di Alitalia, «simbolo – scrive Carlo Di Foggia su Il Fatto Quotidiano – dell’inutilità degli aiuti a pioggia se servono ogni volta a garantire ruberie ed errori privati». Basta pensare che a partire dall’avvio dell’amministrazione straordinaria – iniziata nell’aprile 2017 con il governo di Paolo Gentiloni – fino al 2020, la compagnia di bandiera ha ricevuto aiuti pubblici per oltre 3 miliardi: sforzi che oggi si sono rivelati inefficaci. Il vettore è ormai sul punto di tracollare definitivamente, tanto da non garantire gli stipendi a fine mese per i suoi dipendenti, nonostante 7 mila lavoratori su 10 mila si trovino adesso in Cassa integrazione – e altri 50 si aggiungeranno a breve. Al momento, servirebbero 20 milioni subito, ma l’effettiva validità di questo schema fatto di prestiti continui non sembra altro che una chimera. Un peso economico sulle casse dello Stato, sempre più in difficoltà, come mostra l’ultimo bollettino diffuso da Bankitalia che ha stimato per il 2020 un aumento del debito di 159,4 miliardi: a fine anno pari a 2.569,3 miliardi, contro i 2.409,9 miliardi con cui si chiudeva il 2019.

Il dossier Monte dei Paschi di Siena – Sulla scrivania del nuovo titolare del ministero dell’Economia, Daniele Franco, non mancherà di certo un altro, cruciale dossier economico, quello relativo alla decennale vicenda Monte dei Paschi, della quale il Tesoro detiene il 64% delle azioni. Priorità assoluta è ora il delicato dialogo con Bruxelles sulle future mosse nella gestione della banca senese. Si aggira sui 2 – 2,5 miliardi di euro l’aumento di capitale di cui necessiterebbe l’istituto di credito, le cui sfortunate vicende ebbero inizio proprio sotto lo sguardo di Mario Draghi, nel 2008, quando l’attuale premier autorizzò, in qualità di governatore della Banca di Italia, l’acquisto da parte di MPS di Antonveneta. Altro nodo cruciale sarà inoltre, come previsto dall’intesa con l’Ue, l’individuazione di un nuovo partner per la privatizzazione dell’istituto, che ha chiuso in rosso anche il 2020, con una maxi perdita da 1,69 miliardi. Facendo così salire a 23 miliardi il debito accumulato nell’ultimo decennio.

L’appello dei lavoratori Whirlpool – Non si arrendono i 340 dipendenti dello stabilimento di Via Argine, dove il colosso di elettrodomestici ha sospeso l’attività produttiva dallo scorso 1 novembre. «Puntiamo a far diventare questa vertenza la prima che Draghi dovrà affrontare. Non escludiamo, dalla prossima settimana, l’avvio di mobilitazioni, con “passeggiate romane”. Da oggi finisce la ricreazione, tutti i giorni saremo mobilitati per sostenere la vertenza e ribadire lo schema che riguarda la ripresa produttiva a Napoli» ha dichiarato il segretario generale della Fiom-Cgil di Napoli, Rosario Rappa, chiedendo per voce dei lavoratori napoletani una maggiore attenzione alla «partita industriale del Mezzogiorno», come l’ha definita il segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, con un unico, fondamentale obiettivo: «il riavvio delle attività nello stabilimento di via Argine».