Una guerra commerciale con gli Usa «non sarebbe nell’interesse di nessuno» e di fronte alla minaccia di dazi al 20% su tutte le importazioni americane, l’Europa dovrebbe rispondere con una strategia come “l’offerta di comprare alcuni beni dagli Usa”. Con queste parole la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ha commentato la scelta di Donald Trump sull’imposizione di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti: per ora l’Unione Europea non è stata interessata dalle promesse (o minacce?) del neopresidente ma è molto probabile verrà coinvolta al pari dei paesi confinanti con gli USA.
Con un post sul social network Truth, Trump ha annunciato che il giorno in cui si insidierà alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio, firmerà un ordine esecutivo per imporre dazi del 25% sulle merci provenienti dal Messico e dal Canada e dazi del 10% per i prodotti cinesi in entrata, aggiuntivi a quelli già in vigore. I sovrapprezzi che si prospettano all’orizzonte non sarebbero uno svantaggio solo per Messico, Canada e Cina ma anche per gli Stati Uniti stessi.

Le conseguenze per l’America – L’American Petroleum Institute (Api) è stata la prima a suonare l’allarme: «Mantenere la libera circolazione di prodotti attraverso le nostre frontiere è essenziale per la sicurezza energetica in Nord America e per i consumatori Usa». Nonostante il primato come produttori di petrolio e gas, gli Stati Uniti importano oltre 6 milioni di barili al giorno di greggio in primo luogo dal Canada, di tipo diverso rispetto a quello locale e impossibile da sostituire: i dazi contribuirebbero a un aumento di prezzi dei carburanti alla pompa che coinvolgerebbe tutti i cittadini.
Anche il reparto agricoltura è colpito: dal Messico arrivano due terzi delle verdure e metà della frutta fresca importata negli Usa, su tutti l’avocado, diventato popolare negli ultimi anni. I dazi comporterebbero rincari ma anche carenze di prodotti sono da mettere in conto. I prodotti alimentari sono già molto aumentati per effetto dell’inflazione: le uova per esempio sono cresciute di prezzo in modo vertiginoso a causa con un incremento del 138% su base annua.
Nelle scelte dei dazi, il tycoon vuole rendere più difficile l’ingresso in Usa del fentanyl. Nel 2023, l’oppioide ha causato 108mila morti per overdose secondo i dati ufficiali. Ma la rotta che segue il fentanyl parte dai porti cinesi e arriva in Messico prima di approdare per le vie americane dove viene venduto a basso costo (per una dose bastano circa 5 dollari): chi produce gli “ingredienti” della droga sono aziende cinesi che li spediscono ai gruppi criminali messicani, specializzati nella produzione. I dazi andrebbero a bloccare il problema all’origine, rendendo molto più difficoltosi gli scambi commerciali e aumentando il prezzo del fentanyl. Ma il presidente eletto vuole combattere anche l’immigrazione illegale. «Non possiamo permettere che il nostro Paese venga invaso da droga e migranti illegali» ha aggiunto Trump nel post di Truth. Dazi al 25% sui prodotti di Canada e Messico fino a che l’importazione di droga e immigrati non sarà fermata: così il tycoon punta a chiudere le frontiere agendo indirettamente.

Le conseguenze per l’Ue – L’impatto dei dazi non coinvolgerebbe solo i cittadini americani ma anche quelli europei, connessi da un vincolo commerciale con gli Usa che coinvolge la prevalenza dei settori. Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha detto: «C’è preoccupazione per il rischio di dazi Usa ma riteniamo fondamentale il ruolo di mediazione di carattere politico che il nostro governo può giocare per i rapporti che ha saputo costruire col vincitore delle elezioni, Donald Trump». Gli scambi tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti valgono circa mille miliardi di euro in beni e servizi all’anno: i dazi preannunciati renderebbero più costoso per le aziende americane importare beni dall’Ue mettendo a rischio fino a un terzo delle esportazioni europee. I settori dei macchinari industriali e dei prodotti chimici sarebbero quelli più svantaggiati dai dazi dato che costituiscono il 68% delle esportazioni verso gli Usa nel 2023. Una guerra commerciale Usa-Ue avrebbe riflessi anche sul Pil: un dazio del 10% sul complesso import-export potrebbe indurre un calo tra l’1% e l’1,6% del Pil dell’Eurozona