Otto mesi per provare a costruirsi un futuro in Italia. A partire da oggi. Dalle 9 del 27 marzo è iniziato il click day, giorno in cui i datori di lavoro devono inviare al Ministero dell’Interno la documentazione per assumere lavoratori stranieri dai paesi d’origine.
Le modalità – La domanda si presenta online sul portale ministeriale del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione (Portale Servizi – Ali). Si tratta di una piattaforma ad hoc per le richieste di lavoro in Italia, gestita dallo Sportello unico immigrazione (Sui). Dal 27 marzo al 31 dicembre 2023 è possibile caricare su questo sito solo le domande precompilate entro il 24 marzo 2023 (data prorogata, il termine originale era il 22 marzo). E’ possibile chiedere sia l’assunzione sia la conversione, cioè la regolarizzazione di rapporti di lavoro preesistenti. L’abilitazione all’invio delle pratiche è riservata a organizzazioni di datori di lavoro, patronati e operatori abilitati. Dopo aver caricato tutta la modulistica compilata in precedenza, si indicano dei recapiti come indirizzi di e-mail e di posta elettronica certificata (pec), che saranno considerati il “domicilio eletto” in cui gli aspiranti lavoratori riceveranno le comunicazioni. Inviata la domanda, il Sui valuterà la documentazione ricevuta chiedendo eventuali integrazioni. Una volta esaminata la documentazione completa, il Ministero decide se rilasciare il nulla osta. In caso positivo, il lavoratore può iniziare a lavorare dopo avere ricevuto il visto, anche se spesso i lavoratori si trovano già in Italia. Ricevuta la bollinatura, i migranti possono iniziare a lavorare subito e senza aspettare il permesso di soggiorno. Se la domanda viene respinta, nei dieci giorni successivi si possono mandare alla pubblica amministrazione le osservazioni per contestare la decisione.
Decreto flussi – Il meccanismo fa parte del Decreto flussi 2022, che prevede l’ingresso in Italia di 82.705 lavoratori, da assumere nei paesi d’origine nel 2023. Si tratta di numeri bassi rispetto a quelli chiesti dalle associazioni di categoria e dai sindacati. Secondo i dati fotografati da Repubblica, sarebbero 205mila le domande che le imprese hanno chiesto di accogliere nei tavoli di confronto con il ministero del Lavoro. L’anno scorso invece erano oltre 200mila gli aspiranti lavoratori, contro una capacità di 69.700 posti previsti dal decreto flussi 2021. Come spiega il Sole 24ore, i settori bisognosi di manodopera sono soprattutto agricoltura, assistenza domestica, turismo, ristorazione e sono per metà occupazioni stagionali. Il settore in cui la presenza di stranieri è in assoluto più rilevante è quello del lavoro domestico, con il 64% di migranti. Segue l’agricoltura, dove un prodotto su quattro viene raccolto da manodopera straniera (dati Coldiretti-Idos). A usufruirne maggiormente sono il Trentino Alto Adige, dove le mani migranti raccolgono soprattutto mele, il Veneto per ortaggi e fragole, ma anche Friuli Venezia Giulia e Campania.
Il report – Nell’ottobre 2022, il dossier statistico immigrazione, elaborato dal Centro studi e ricerche Idos, sottolineava che agli immigrati l’Italia riserva le condizioni di lavoro peggiori. Tagliati fuori dai servizi di welfare, come mense, bonus trasporti, case popolari, e misure di sostegno al reddito, oltre un milione e 600mila sono in condizione di povertà. Sebbene nel 32,8% dei casi abbiano buoni livelli di istruzione il 64% svolge mansioni non qualificate od operaie. Questo destino spetta forse a Khaoula Landolsi, 28enne tunisina che su Repubblica racconta di voler lavorare in Italia come assistente familiare, pur avendo una laurea in Legge. L’Irpef pagata dai migranti in Italia è pari a 5,3 miliardi di euro: eppure, sottolinea Idos, «sebbene contribuiscano in maniera irrinunciabile al benessere collettivo, ne restano sempre più esclusi».