«La digitalizzazione può rendere il processo di business più veloce, meno costoso e generalmente più efficace ma comporta anche dei rischi che devono essere affrontati». Lo ha detto il presidente della Bce Mario Draghi parlando alla conferenza Into the future: Europe’s digital integrated market del 31 gennaio.

Economia 4.0 – L’ex numero uno di Bankitalia sostiene che non si può parlare del mercato finanziario europeo e dei suoi sviluppi senza prendere in considerazione la tecnologia. In questa quarta rivoluzione industriale, anche nota come industria 4.0, internet gioca infatti un ruolo sempre più centrale nell’economia così come nel sociale. «Un beneficio», ha detto Mario Draghi. Come ha ribadito anche il vicepresidente Valdis Dombrovskis, l’hi-tech fa sì che le transazioni bancarie siano più sicure ma anche gli investimenti e la gestione del rischio beneficiano dalla raccolta dei dati in massa.

I pericoli – I rischi però sono dietro l’angolo. Secondo il presidente della Bce sarebbe infatti in aumento il cyber crimine legato alla finanza: furti d’identità, frodi online, riciclaggio, hackeraggio. Di fronte a questi pericoli, il mercato finanziario non deve tirarsi indietro ma cercare di migliorare la sua capacità di difendersi promuovendo anche la collaborazione tra i vari membri dell’Unione. Come? Scambiandosi informazioni e impegnandosi a prendere parte a delle iniziative congiunte.

I precedenti – Non è la prima volta che l’Unione Europea cerca di fermare i cyber attacchi. A questo proposito, nel 2012 aveva aderito all’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA) un trattato contro la pirateria informatica che imponeva ai provider di fornire l’identità degli utenti che scaricavano contenuti protetti dalla legge sul copyright. Francoforte però non aveva mai pensato di doversi scontrare con gli hacker finanziari. Finora la Bce non è mai stata vittima di azioni illecite ma in tutto il mondo sono molti gli istituti di credito che da un giorno all’altro si sono visti sottrarre grosse somme di denaro. L’ultimo caso riguarda la Tesco Bank che nel novembre 2016 ha annunciato di aver perso due milioni e mezzo di sterline proprio in seguito all’attacco di alcuni hacker sui conti correnti di 20mila clienti dell’istituto. Ma nella lunga inchiesta pubblicata da La Stampa, si fa anche menzione di un maxi furto di 81 miliardi di dollari trasferiti da Dhaka a New York e poi scomparsi nelle Filippine, così come della perdita di circa 12 milioni di dollari subita da una banca ecuadoregna.

I casi italiani – Anche l’Italia è finita nell’occhio del ciclone. Il malware utilizzato per l’attacco alla banca vietnamita Tien Phong Bank leggeva e manipolava i codici Swift di altri sette istituti tra i quali Unicredit. Secondo un portavoce dell’istituto, dal momento che i codici swift sono dati pubblici, non c’era stata nessuna violazione ma l’ombra del cyber crimine aveva comunque destato preoccupazione. Fenomeni di hackeraggio sono finiti anche al centro dell’inchiesta GFB-Oculus del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma. Condotta dai procuratori aggiunti Nello Rossi e Michele Prestipino, l’indagine ha rivelato che un gruppo di hacker e riciclatori faccendieri aveva trasferito grosse somme di denaro da istituti di credito a fondazioni compiacenti a patto che queste cedessero loro parte del denaro rubato.