Draghi

Mario Draghi, dal 2011 alla guida della Banca centrale europea. Nel marzo di quest’anno ha lanciato un ampio programma di acquisto di titoli dei Paesi Ue per sostenere la crescita economica dell’Eurozona

“La ripresa è diffusa, ma manca di vigore. E i segnali che arrivano da crescita e commercio globali non sono positivi”. È un campanello d’allarme quello lanciato da Mario Draghi al parlamento Ue. Il presidente della Banca centrale europea avverte: “I rischi al ribasso sono chiaramente visibili”. E si dice pronto ad adottare nuove misure per stimolare l’economia.

È soprattutto la frenata dell’inflazione a preoccupare i vertici della Bce. “Le dinamiche inflazionistiche si sono indebolite a causa dei prezzi bassi del petrolio e dell’effetto dell’euro forte”. Un rallentamento che porta Draghi a ripensare la politica espansionistica portata avanti negli ultimi mesi, con massicci acquisti di titoli di stato dei paesi Ue. Il quantititive easing, insomma, potrebbe non bastare più. “Per una normalizzazione dell’inflazione potrebbe servire più di quanto previsto a marzo”, ha ammesso il presidente della Bce, “quindi all’incontro di dicembre riesamineremo le politiche monetarie”. Se l’obiettivo della stabilità dei prezzi non sarà raggiunto, la Bce è pronta ad agire con “tutti gli strumenti disponibili” per assicurare “un appropriato livello di politica monetaria”. Il target per Draghi è fissato dallo statuto della Bce: il tasso di inflazione ottimale è al 2 per cento. Molto lontano dal dato attuale che da mesi ristagna poco sopra lo zero.

Se da qui alla fine dell’anno la situazione non dovesse migliorare, Draghi sarebbe quindi pronto ad adottare nuove strategie, da affiancare al quantitative easing considerato “particolarmente flessibile e potente” e  che “può andare oltre settembre 2016 nel caso non vedessimo un aggiustamento sostenuto nel cammino dell’inflazione”. Ma “altri strumenti possono essere attivati per rafforzare l’impatto del programma, se necessario”.

Simone Gorla