Uno stop alle richieste della Germania. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, in un discorso tenuto al Centro per gli Studi Finanziari dell’Università Goethe di Francoforte ha definito la situazione economica europea «in graduale miglioramento», allontanando almeno per il momento una stretta monetaria, come vorrebbero in Germania. Mercoledì il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, aveva chiesto alla Bce di ridurre l’acquisto del debito pubblico, tenendo conto delle migliori prospettive di inflazione. Tradotto: la politica della Banca centrale europea invita a spendere di più, mentre i tedeschi vorrebbero puntare di più sui depositi. Da qui nasce la frizione: secondo il numero uno della Bce la ripresa c’è, nonostante l’eredità della crisi finanziaria e pertanto si può, e si deve, continuare su questa strada.

I tre elementi della ripresa – Per il governatore sono tre gli elementi che confermano la risalita di questo periodo: il primo, è rappresentato dall’aumento dei consumi e dalla conseguente crescita dell’occupazione. Secondo Draghi: «La crescita del pil trimestrale è stata costantemente tra lo 0,3% e lo 0,8%. L’occupazione è cresciuta di più di 4,5 milioni di persone». Il secondo fattore è dato dal calo dell’indebitamento, soprattutto nei Paesi più coinvolti dalla crisi. Infine, il terzo elemento che favorisce la ripresa è nella sua diffusione omogenea nei diversi settori e Stati: non solo Germania e Francia, anche Italia, Spagna, Grecia e Portogallo possono tornare a respirare.

Troppo presto per cantar vittoria – Sul fronte dell’inflazione, Draghi ha evidenziato segni di miglioramento invitando comunque a restare cauti. «Le prospettive d’inflazione si sono stabilizzate», ha aggiunto il presidente della Bce spiegando che «rimane essenziale continuare a sostenere la domanda». Il piano del quantitative easing, dunque, durerà fino a fine 2017 e forse oltre. In questo modo si cercherà di mantenere l’inflazione intorno al 2%: le banche centrali sanno che un minimo d’inflazione è positivo per evitare che si arrivi a una progressiva diminuzione dei prezzi.