I-BIKI_Alitalia_Airbus_A320-214_-_cn_1138_takeoff_from_Schiphol_pic2Parlate male di noi? Non vi distribuiamo più ai nostri clienti oppure vi togliamo la pubblicità dal giornale. È l’ultima punizione inflitta da due delle più grandi aziende italiane a giornali che hanno dato notizie negative sul loro conto. Protagoniste della doppia vicenda: Alitalia e il settimanale l’Espresso, Eni e il Fatto Quotidiano. La compagnia aerea ha cessato la distribuzione del periodico sui propri voli, mentre il colosso energetico ha cancellato una campagna pubblicitaria già pianificata per 20 mila euro sul quotidiano.

Alitalia-l’Espresso “Vi informiamo che qualora venga imbarcata la rivista l’Espresso, non deve essere distribuita ai passeggeri”. Questo l’ordine, messo nero su bianco, comparso a partire dalla mattina di sabato 21 gennaio sulle istruzioni per gli addetti della compagnia in tutti gli uffici di smistamento di Fiumicino e degli scali italiani. Il diktat arriva direttamente dai piani alti degli uffici di Alitalia. La “colpa” de l’Espresso? Essere uscito con una copertina che titola “Chi ha ucciso Alitalia?” e con un articolo sull’ennesimo rischio di fallimento della compagnia di bandiera. L’inchiesta de l’Espresso contiene anche una serie di documenti esclusivi sui conti della società e sugli investimenti che ne avrebbero provocato la crisi. Anche dopo l’arrivo del socio arabo Etihad, le ultime operazioni finanziarie effettuate nel tentativo di salvare la flotta italiana non avrebbero risolto la situazione dei conti, che sono in profondo rosso. Proprio la pubblicazione di questi documenti avrebbe irritato i vertici di Alitalia al punto da decidere di non distribuire più le copie gratuite della rivista ai passeggeri.

Eni-Fatto Quotidiano Domenica 15 gennaio il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo dal titolo “Tangenti Eni Nigeria – Jet, Cadillac e contanti: ecco chi ha preso il miliardo”, nel quale il quotidiano di Marco Travaglio dava conto di due documenti contenuti negli atti depositati nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Milano per corruzione internazionale. Al centro dell’indagine c’è un pagamento da parte dell’Eni di 1,1 miliardi di dollari al governo di Lagos per lo sfruttamento di un giacimento in Nigeria. Soldi che, secondo l’ipotesi dei pm milanesi, avrebbero alimentato una corruzione internazionale. Invece di finire al popolo nigeriano, quel miliardo e rotti sarebbe andato nelle mani di prestanome dell’allora presidente nigeriano Goodluck Jonathan e di soggetti riconducibili a un ex ministro del Petrolio, Dan Etete, che aveva assegnato la concessione del giacimento a una società di cui è considerato il proprietario occulto. I documenti pubblicati dal Fatto riguardano anche le conclusioni di un’indagine interna condotta da Eni: secondo le risultanze di questo rapporto, fin dal 2007 l’Ente sarebbe stato a conoscenza degli interessi di Etete nella transazione. L’azienda avrebbe anche saputo del versamento da parte del governo di Lagos dell’intero corrispettivo per il giacimento alla società di Etete. Nessun altro quotidiano, sostiene il Fatto, ha ripreso nei giorni successivi la notizia, da cui sarebbe nata, sempre secondo il giornale, la decisione da parte dell’Eni di annullare, la campagna pubblicitaria e di bloccare il versamento dei 20 mila euro pattuiti.