Scaroni2La crisi in Libia continua, ma i blocchi e i disordini non sono un problema per la sicurezza energetica italiana. A confermarlo è Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni. Intervistato martedì 12 novembre dalla Bbc, il direttore del colosso della petrolchimica non si nasconde: “Stiamo producendo il 60 per cento in meno dall’inizio dell’anno e la situazione del Paese è fuori controllo”, dice. Ma poi precisa: “Comunque, ho buoni motivi per essere ottimista. C’è talmente tanto gas intorno che ci siamo già lasciati alle spalle un inverno interamente senza il gas della Libia”.

Già in passato Scaroni aveva sottolineato come prima della rivoluzione, l’Eni producesse in Libia intorno ai 270 mila barili di greggio al giorno. Oggi, le stime dell’azienda parlano di un calo di decine di migliaia di barili.

Proprio i problemi di sicurezza hanno portato alla recente chiusura del gasdotto sottomarino Greenstream: 520 chilometri che collegano i giacimenti libici di Mellitah alla costa siciliana (Gela). Di lì passa circa il 10 per cento dei consumi italiani di gas, ma L’Eni ha preferito non correre il rischio che alcuni gruppi armati mettessero in pericolo la sicurezza dei lavoratori. La notizia si è però fatta sentire a Piazza Affari, dove martedì 12 novembre il titolo ha registrato un -0,5%, chiudendo a 17,92 euro.

Un altro fronte problematico è quello della Nigeria. Lì, ammette Scaroni, l’Eni perde circa 30 mila barili di produzione al giorno, a causa di furti o sabotaggi. “Il bunkering (ndr. sabotaggio) è certamente il problema principale ed è uno dei motivi per cui tutte le major petrolifere stanno pensando di lasciare il Paese”.

Silvia Morosi