Da simbolo dell’ascesa cinese a monito per un futuro che si annuncia diffcile. A tre anni dalla dichiarazione di insolvenza del colosso immobiliare cinese Evergrande, che ha fatto tremare i mercati timorosi di una nuova Lehman Brothers, un tribunale di Hong Kong ne ha ordinato la messa in liquidazione. Una sentenza annunciata considerati i 330 miliardi di debiti accumulati dal gruppo, che non è riuscito a trovare un accordo con i creditori stranieri durante le trattative dello scorso weekend. La borsa di Hong Kong ha tuttavia chiuso in positivo, con un rialzo dell’indice Han Seng dello 0,5%. Le azioni di Evergrande sono invece crollate del 21% prima di essere sospese. Si attendono risposte da parte del governo di Pechino, che potrebbe non applicare la liquidazione disposta dal tribunale hongkonghese per tutelare i progetti di sviluppo immobiliare già attivi nella Cina continentale.

La sentenza – Evergrande non è stata in grado di presentare proposte di ristrutturazione del debito «fattibili» e per questo la liquidazione è l’unica soluzione «appropriata». Questa la decisione della giudice dell’Alta corte di Hong Kong, Linda Chan, che ha accolto l’istanza di liquidazione presentata dai creditori offshore del gigante cinese. Chan ha citato una «evidente mancanza di progressi» da parte del gruppo fondato dall’ex miliardario Hui Ka Yan e lo ha criticato per avere presentato solamente «vaghe idee» per risanare il debito. La società può impugnare la sentenza e ricorrere in appello, in caso contrario si lavorerà per trovare un liquidatore che prenderà il controllo delle filiali da vendere. Secondo Reuters solo una manciata di miliardi sui 300 complessivi sono da restituire a creditori stranieri.
Il direttore generale di Evergrande, Shawn Liu, interpellato dalla rivista di business cinese 21Jingji, ha definito «estremamente spiacevole» la sentenza, aggiungendo che il gruppo «affronterà le difficoltà future e adotterà tutte le misure legali del caso». L’azienda ha inoltre espresso preoccupazioni su come l’ordine di liquidazione potrebbe danneggiare gli altri segmenti del gruppo. Il riferimento è in particolare a Evergrande New Energy Auto, divisione della società dedicata alle vetture elettriche, settore di recente entrato nel mirino del governo cinese perché al pari di quella immobiliare è una bolla che rischia di esplodere.

Parabola Evergrande – Il gruppo fondato dall’ex miliardario cinese Hui Ka Yan è in crisi da diverso tempo. Dopo essere stato protagonista dell’urbanizzazione e della crescita economica del Paese, è andato in default nel 2021, a un anno da quando il governo cinese ha imposto restrizioni sui prestiti e sulle concessioni territoriali. Con un modello di business fondato pesantemente sul debito e l’economia cinese in progressivo rallentamento, diversi progetti immobiliari sono rimasti incompleti, con appartamenti invenduti e vuoti. Da quasi tre anni Evergrande è incapace di ripagare i propri debitori e nell’agosto 2023 ha presentato istanza di fallimento negli Stati Uniti. Dallo scorso novembre il suo fondatore è agli arresti domiciliari in Cina per “reati criminosi”.

Salvataggio difficile – Si attende una reazione da parte del governo cinese, che però non sembra avere intenzione di salvare Evergrande. Tuttavia è da tenere prtesente che Hong Kong e Cina continentale sono regolate da due sistemi giuridici separati e non è dunque scontato che l’amministrazione di Pechino accolga l’ordine di liquidazione per le filiali di Evergrande presenti sul territorio. Dopo la stretta al settore che ha avuto ripercussioni sull’economia interna del Paese e sui sistema di “banche ombra” che hanno spalleggiato aziende come Evergrande, lo scorso novembre il Consiglio di Stato cinese, il supremo organo amministrativo della Repubblica popolare, ha aperto un’indagine interna per affrontare «tematiche che ostacolano lo sviluppo economico, soprattutto quelle che riguardano le imprese private». Un segnale che la Cina ha intenzione di continuare a regolamentare il settore criticando il modello di sviluppo a debito come «antipatriottico».  Il colosso iommobiliare ha certo dato una casa a milioni di cinesi della classe emergente, ma per il capitalismo di Stato nessuno è abbastanza importante da meritarsi un salvagente.