Rimane alta la tensione sulla vicenda dell’ex stabilimento Ilva di Taranto e del ritiro di ArcelorMittal dal progetto. «Siamo pronti allo sciopero a oltranza», è la reazione intransigente dei sindacati che rappresentano gli operai dell’acciaieria più grande d’Europa alle condizioni imposte dal gruppo ArcelorMittal. La multinazionale, per non lasciare lo stabilimento di Taranto, chiede lo scudo penale (rimosso dal Parlamento italiano) e 5mila posti di lavoro da tagliare. «L’auspicio è che governo e istituzioni creino le condizioni per una soluzione definitiva», spiegano le sigle. La porta del dialogo con il governo è aperta, ma a condizione di accogliere le istanze sindacali: un primo riscontro si avrà giovedì pomeriggio, quando una delegazione incontrerà il premier Giuseppe Conte.

Il destino dell’ex Ilva – Una delegazione del governo ha incontrato mercoledì 6 novembre la proprietà della multinazionale (Lakshmi e Aditya Mittal) per trovare un punto di accordo che eviti l’abbandono dello stabilimento. Lo scontro più acceso nel muro contro muro tra governo giallorosso e industriali si è avuto sulla novità di giornata: i Mittal hanno posto come condizione essenziale il licenziamento di 5mila operai – quasi la metà dei circa 11 mila dipendenti dell’acciaieria – che a oggi lavorano negli altiforni 2 e 4, per poter definitivamente far cessare l’area a caldo della produzione di acciaio. Il governo Conte durante l’incontro ha escluso questa opzione, dando ai proprietari altri due giorni per riformulare le richieste.

Il nodo dello scudo penale – Il secondo scoglio da superare per poter assicurare un futuro agli operai dell’ex Ilva è quello dello scudo penale. Lo scudo penale è un principio previsto dall’articolo 51 del Codice penale e stabilisce che se la pubblica autorità impone l’adempimento di un dovere, è esclusa la punibilità per chi lo mette in atto. Tradotto in questo contesto specifico, il principio eviterebbe che i proprietari di ArcelorMittal siano costretti a rispondere per le operazioni di riconversione ambientale nello stabilimento. I Mittal hanno deciso infatti di recedere il contratto di affitto e di vendere gli asset aziendali proprio per la cancellazione delle tutele legali. Il governo, dopo l’incontro di mercoledì, sembra essere disposto a trovare un compromesso su questo punto, anche a costo di rischiare una spaccatura della maggioranza in occasione della conversione in legge del decreto.

Scendono in campo i sindacati – Il giorno dopo la nuova tempesta scatenata dallo scontro governo-Mittal, sono i sindacati che rappresentano gli operai ex Ilva a far sentire la propria voce: «Senza una risposta esaustiva, unitariamente alle confederazioni di Cgil, Cisl e Uil e al fianco dei colleghi degli altri settori del siderurgico, saremo pronti a tutte le iniziative fino al blocco a oltranza delle attività lavorative nei propri settori», sottolineano i segretari di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Fist Cisl, Uiltrasporti e Uiltucs Uil, le sigle che rappresentano gli operai dell’indotto. Sono le stesse fonti sindacali a confermare l’incontro con il presidente del Consiglio alle ore 17.30, per discutere del destino dell’acciaieria e valutare i punti di contatto tra operai e governo, considerate anche le posizioni dei proprietari indiani. «La volontà di ArcelorMittal di risolvere il contratto di affitto per la gestione del più grande impianto siderurgico d’Europa ad appena un anno dall’insediamento assume i caratteri della beffa. Il settore dell’indotto, a partire da questa estate, è stato oggetto di un cambiamento complessivo, già avvenuto per il settore della ristorazione, che ha visto il subentro nelle pulizie civili e industriali di nuove aziende e la perdita di numerosi posti di lavoro e retribuzione». In questo momento «i lavoratori che vedevano superata una fase estremamente complicata, che ha raggiunto livelli di alta tensione sociale, ripiombano in una situazione di incertezza e angoscia, senza una reale prospettiva a lungo termine», concludono i sindacati.

Lo scontro politico – Non sono mancate poi le reazioni politiche. «Si sono calati le braghe mettendosi nelle mani dell’investitore. A giugno avevano detto che senza scudo penale chiudevano. Lo hanno levato, vi sembra normale? Lo hanno fatto per Barbara Lezzi, che vuole candidarsi a governatore della Puglia», ha dichiarato senza mezzi termini Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico. Duro il leader della Lega, Matteo Salvini: «Abbiamo al governo dei pericolosi incapaci. Abbiamo il dovere di mandarli a casa». In un’intervista a La Verità, il premier Conte ha assicurato che «il governo farà tutto il possibile per preservare gli investimenti produttivi e i livelli occupazionali raggiunti. Dall’incontro ho tratto la convinzione che si tratti di una questione puramente industriale. Il governo è pronto a fare la sua parte, sull’ex Ilva non mi pare ci sia grande diversità di posizioni: c’erano vari ministri alla riunione con la proprietà e non ho notato differenti sensibilità».