ansa exportNon si compra e non si vende. Potrebbe sembrare uno stallo, in realtà assomiglia più a un salto nel buio. I dati sull’export italiano non erano così negativi da cinque anni, da quel 2009 in cui l’esportazione perse, di colpo, 20 punti percentuali.

I dati dell’Istat, usciti il 18 febbraio, dicono che la diminuzione complessiva, rispetto al 2012, è stata dello 0,1 per cento. Un anno salvato in extremis dalla ripresa registrata a novembre e dicembre (più 5,1). I settori più attivi sono stati quelli degli autoveicoli (+25,5), pelletteria (+12), e sostanze chimiche (+11,7), mentre hanno chiuso in negativo rispetto all’anno precedente prodotti petroliferi e quelli in metallo, auto escluse. Si è venduto leggermente di più ai Paesi extra europei e meno a quelli europei, ma parlare di dinamismo è azzardato. La sensazione è, semmai, che si sia toccato il fondo del barile. Dal 2009 ad oggi l’export non ha fatto altro che diminuire: +15,6 nel 2010, + 11,4 nel 2011, + 3,8 nel 2012 e un tondo zero nel 2013. Le esportazioni sono cresciute soprattutto verso Romania, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti.

saldi commerciali

Ma l’avanzo commerciale, nel 2013, è stato da record: 30,4 miliardi di euro, un numero che non si vedeva dal 2006. Si è venduto poco, ma si è comprato ancor meno. Al netto dell’energia, il dato sarebbe altissimo, 85 miliardi. Nel 2012 erano stati solo 9,9. L’Italia concentra le spese nel settore dei mezzi di trasporto esclusi gli autoveicoli (+19,2), articoli in pelle, prodotti tessili e della stampa. Anche per le importazioni dicembre è stato un mese atipico, in cui c’è stato un miglioramento dello 0,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2012. Merito, qui, della grande crescita delle importazioni dai Paesi MERCOSUR (mercato comune dell’America Meridionale, +35,2), Stati Uniti (+24,2) e Russia (+22,2).

Susanna Combusti