Le notizie online vanno pagate dalle piattaforme social? In poche ore sono state date due risposte diametralmente opposte, che segnano però un punto di svolta nel rapporto tra big tech ed editori. Se Facebook, pressato dal governo di Canberra, ha bloccato la condivisione di notizie in Australia, Google ha siglato un accordo storico sul pagamento dei contenuti con la News Corp di Rupert Murdoch, una delle più importanti società editoriali del mondo.

Il caso Facebook in Australia -«Siamo stati messi davanti a una difficile scelta: provare a rispettare una legge che ignora come funzionano i rapporti con gli editori, o interrompere la fruizione degli articoli sui nostri servizi in questo paese. A malincuore, abbiamo scelto la seconda». Così Facebook ha annunciato la sua decisione di rottura con l’Australia, vicina all’approvazione dell’obbligo di pagare i contenuti. Dopo mesi di scontri e minacce, la piattaforma di Menlo Park ha deciso di bloccare la condivisione di link e news per gli utenti e per le pagine nel Paese. In pratica, come sottolineato nel comunicato diffuso in seguito alla decisione, gli utenti australiani non potranno né vedere né ripubblicare sia contenuti di editori australiani che internazionali sulla piattaforma, che siano provenienti dai canali social di queste o dai siti web ufficiali. Gli utenti del resto del mondo, invece, non potranno né condividere né visualizzare i contenuti degli editori australiani. Allo stesso tempo, per gli editori internazionali non verranno applicate limitazioni di pubblicazione ma tutti i loro contenuti saranno oscurati al pubblico australiano. Non è mancata la reazione del primo ministro Scott Morrison che proprio su Facebook ha postato: «Le azioni di Facebook per “togliere l’amicizia” all’Australia, interrompendo i servizi di informazione essenziali sui servizi sanitari e di emergenza, sono state tanto arroganti quanto deludenti, non ci faremo intimidire e invitiamo Facebook a lavorare in modo costruttivo con il nostro Governo, come ha fatto Google». Il colosso di Mountain View ha deciso di aderire, dopo mesi di pressioni, alle nuove regole del governo di Canberra e di procedere con i pagamenti per i contenuti giornalistici, siglando contratti milionari con alcuni tra i maggiori editori di news attivi in Australia come il gruppo Nine Entertainment Co.

Facebook’s actions to unfriend Australia today, cutting off essential information services on health and emergency…

Pubblicato da Scott Morrison (ScoMo) su Mercoledì 17 febbraio 2021

 

Rapporti difficili – Da molto tempo si cerca di capire come regolamentare il rapporto tra piattaforme social ed editori, in particolare per quanto riguarda il pagamento del contenuti. Il governo australiano ha proposto, ma non ancora definitivamente approvato, una modifica al Consumer Act del 2010 imponendo alle piattaforme digitali, come Facebook e Google, di pagare per la condivisione delle news online a partire dalle anteprime delle notizie mostrate sul web. Per le big tech la condivisione via social va a sostenere il giornalismo dando visibilità agli editori. Questi ultimi però, mancando accordi precisi di remunerazione, hanno sempre sostenuto di essere danneggiati dalle condivisioni. Per Facebook le notizie costituiscono solo il 4% dei suoi contenuti e quindi il guadagno per gli editori sarebbe marginale. Il social network di Zuckerberg ha poi sottolineato il suo impegno nell’innovare il settore del giornalismo, «ritenuto importante per una società democratica», con nuovi strumenti come Facebook News, la piattaforma lanciata nel Regno Unito a gennaio 2021 e che presto entrerà in altri mercati.

 

Non solo Australia – Anche il Parlamento Europeo punta a regolamentare il rapporto tra i colossi del web e gli editori. Finora l’unico paese europeo in cui è stato siglato un accordo per il pagamento di contenuti giornalistici diffusi online è la Francia. Secondo il Financial Times però si sta vagliando la possibilità di emendare le due principali direttive proposte dalla Commissione Europea per regolamentare il mondo digitale, il Digital Service Act e il Digital Market Act. L’idea è quella di introdurre l’obbligo di accordi economici più puntuali e definiti,  seguendo così il modello australiano. Con la direttiva sul copyright del 2019 ad oggi gli editori hanno diritto ad un equo compenso per i loro contenuti che le varie piattaforme diffondono ma non sono previste sanzioni in caso di inadempienze.

Murdoch e BigG – È stato presentato come un «accordo storico» quello tra BigG e News Corp, la società di Rupert Murdoch che controlla la maggior parte dei media australiani ma anche testate come il Wall Street Journal e il New York Post negli Stati Uniti o il Times e il Sun nel Regno Unito. Per i prossimi tre anni, Google ha annunciato che garantirà «pagamenti significativi» ai vari editori del gruppo per indicizzare gli articoli su Google News Showcase, la piattaforma nata a fine 2020 e che aggrega i contenuti di oltre 400 testate. L’accordo tra News Corp e il colosso di Mountain View prevede anche la creazione di una nuova piattaforma su abbonamento, la condivisione delle entrate pubblicitarie, oltre a «investimenti significativi nel video giornalismo innovativo» attraverso la sua piattaforma proprietaria Youtube. Per il Ceo di News Corp Robert Thomson, l’accordo avrà «un impatto positivo sul giornalismo in tutto il mondo».