Dal ministero dell’Economia provano a smorzare i toni della polemica sui derivati innescata dal Financial Times il 26 giugno: “Non esiste alcun pericolo per i conti pubblici italiani che proviene da operazioni in derivati finanziari”.

Secondo il quotidiano britannico, invece, l’Italia rischia un buco di 8 miliardi di euro, per aver stipulato 8 contratti del valore di 31,7 miliardi di euro, alla fine degli anni Novanta, per favorire l’ingresso dell’Italia nell’euro. Il rapporto spiegherebbe le tecniche usate dal governo italiano per essere tra i primi undici Paesi ad entrare nell’eurozona nel 1999. Il quotidiano finanziario racconta che nel periodo prima e subito dopo l’entrata nell’euro “Roma dipingeva favorevolmente i propri conti ottenendo pagamenti in anticipo dalle banche per centrare gli obiettivi di deficit fissati dall’Unione Europea”.

Nel 1995 il deficit nostrano era pari al 7,7%, tre anni dopo, nell’anno cruciale per l’approvazione dell’ingresso nella moneta unica si era ridotto di 2,7 punti percentuali: il calo più significativo tra i primi undici Paesi ad entrare. Secondo quanto affermato dagli esperti del Tesoro “gli strumenti di protezione dal rischio di interesse oggi gestiti non comportano perdite, a suo tempo le operazioni sui derivati sono serviti per stabilizzare la volatilità della lira”. Il calcolo fatto dal Financial Times, inoltre, sarebbe basato sui valori di mercato delle attività sottostanti ai contratti incriminati alla data del 20 giugno 2013. Si tratterebbe quindi di un’ipotesi di perdite potenziali, che il ministro Fabrizio Saccomanni ha comunque sottolineato essere priva di qualsiasi fondamento, concludendo che: “non c’è nessun aggravio dei conti pubblici”.

Insomma, anche se i derivati finanziari spesso vengono usati per scopi speculativi, amplificando sia perdite che guadagni, da via XX settembre ribadiscono operazioni trasparenti nel rispetto della normativa europea e nazionale. L’Italia ha tremato, la bufera sembra smorzarsi, ma la matematica non è un’opinione e gli esperti confermano che dovranno essere esaminate le carte nel dettaglio prima di poter davvero parlare di pericolo scampato.

Silvia Sciorilli Borrelli