Dopo l’America, la Francia. Nuove accuse di emissioni truccate per Fca: secondo quanto riportato dal quotidiano Le Monde nell’edizione di ieri, 27 novembre, il gruppo automobilistico italo-americano sarebbe sotto indagine da parte della Direzione generale della concorrenza, consumo e repressione delle frodi francese per truffa e ostacolo alla giustizia. Fca rischierebbe una multa fino a 9,62 miliardi di euro, pari al 10% del fatturato globale di Fiat Chrysler Automobiles. L’impresa guidata da Sergio Marchionne si difende e commenta: «Accuse prive di fondamento».

Il precedente – È la seconda volta in quest’anno che uno Stato accusa Fca: a maggio 2017 il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti aveva fatto causa contro la produzione di 104mila veicoli diesel Jeep Grand Cherokee e Ram 1500 che sarebbero stati truccati per aggirare i controlli sulle emissioni di ossido d’azoto. L’accusa è quella al centro di tutti gli scandali del Dieselgate: le aziende installerebbero dei software sulle auto sottoposte ai controlli per far risultare le emissioni in linea con le regole internazionali e molto inferiori ai valori reali. Anche in quel caso, Fca aveva respinto le accuse e a luglio era circolata la notizia che le autorità americane avessero dato via libera alla produzione dei modelli di auto incriminate. Da allora non ci sono stati ulteriori sviluppi.

Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca

Le accuse francesi – Un mese fa, lo scorso 23 ottobre, Le Monde aveva dato la notizia di un’indagine in corso in Francia contro Fca. Ieri il quotidiano ha pubblicato un estratto del verbale d’infrazione prodotto dall’Antifrode francese. Fca sarebbe accusata, come i concorrenti Psa-Peugeot, Renault e Wolkswagen, di aver truccato i motori di alcuni veicoli, in particolare i modelli Jeep Cherokee e Fiat 500X. Ma ci sarebbe anche un secondo capo di accusa, quello di intralcio alla giustizia. Sempre secondo il verbale citato da Le Monde, Fca avrebbe «ostacolato le funzioni di un agente abilitato alla constatazione delle infrazioni al codice del consumo». Gli inquirenti, inoltre, sarebbero convinti che la manomissione dei motori nelle auto sottoposte ai test proverebbe «un procedimento fraudolento» realizzabile «solo in modo volontario» e che questa pratica illecita «farebbe parte della strategia d’azienda da diversi anni».

La difesa di Fca – «I risultati di alcuni test condotti non corrispondono a quelli degli esami fatti non solo da Fca, ma anche dal ministero italiano dei Trasporti» che ha rilasciato l’omologazione per i veicoli. È questa la difesa dell’azienda: in sostanza, l’inchiesta francese si baserebbe su valori anomali riscontrati «su un unico veicolo campione e secondo metodologie di controlli non previste dalle attuali leggi». Fca lamenta la fuga di notizie, criticando il fatto che «informazioni legate all’indagine siano rese pubbliche anche prima che Fca abbia la possibilità di accedere al dossier». E ribadisce di «avere già fornito dimostrazione dettagliata”»della propria correttezza alle autorità francesi. I nomi che compaiono nel dossier sono quelli dell’amministratore delegato Marchionne e del responsabile dell’ingegneria meccanica, Aldo Marangoni. Ma Fca si mostra tranquilla: «Per ora non abbiamo ricevuto alcun capo d’imputazione relativo a questo dossier».