Gli stessi tassi dell’inizio della crisi del 2007. Dopo il rialzo deciso dalla Fed, la banca centrale americana, si aspetta la decisione della Bce, l’istituto centrale europeo. Le due sponde dell’atlantico potrebbero trovarsi in una situazione analoga all’inizio della crisi delle Subprime. Si cerca di fermare un’inflazione che, seppur in calo rispetto a ottobre, pesa sempre di più sulle famiglie europee e americane.

Tassi d’interesse Usa – La Fed ha deciso un ulteriore aumento di 25 punti base portando così il costo del denaro al 5,25%. Lo stesso valore raggiunto nel 2007. Si è trattato del decimo rialzo consecutivo e nell’ultimo anno i tassi sono passati dallo 0,25% al 5,25%, una crescita del 2000%.
Secondo gli scommettitori sul mercato questo sarebbe l’ultimo aumento. Si prevede che entro la fine del 2023 i tassi scendano intorno al 4%. La fiducia del mercato è legata anche al comunicato stampa rilasciato dalla Fed nel quale è stata rimossa la frase: «Ulteriori strette potrebbero essere appropriate», presente in tutte le precedenti comunicazioni.
Secondo il presidente della Fed Jerome Powell «oggi non era prevista una decisione sulla pausa» perché l’approccio della Fed è «dipendente dai dati». Anche Powell ha sottolineato come il nuovo linguaggio usato nel comunicato stampa sia «un cambiamento significativo» e ha escluso l’arrivo di una recessione.

I tassi europei – Prevista nella mattinata di giovedì la decisione del Consiglio direttivo della banca centrale europea. Sarebbe abbastanza scontata la decisione di aumentare i tassi. Da una parte ci sarebbero i “falchi”, che vorrebbero un aumento dello 0,5%, e dall’altra le “colombe”, che spingono per uno 0,25%. In ogni caso, il costo del denaro nell’area euro arriverebbe al 3,75/4 %. Anche in questo caso, un valore che non si vedeva nel continente dal 2007.

Inflazione bassa ma tassi in crescita – La scelta della Bce cerca di contrastare l’aumento dell’inflazione che però da ottobre è scesa di oltre tre punti. Perché se il carovita si sta riducendo, la banca centrale europea dovrebbe continuare ad alzare il costo del denaro? Per due motivi: da una parte la modalità di calcolo dell’inflazione e dall’altra il peso che ha il costo dell’energia in questo sistema. Il valore dell’inflazione (la crescita del costo dei beni di consumo) è la media ponderata di 12 gruppi di prodotti che vanno a formare il “Paniere”: l’aumento che si è verificato nella zona euro nell’ultimo anno è da ricondurre allo scoppio del conflitto in Ucraina e dalle conseguenze sui prezzi di energia e altri generi di prima necessità. Da ottobre, il costo dell’energia sta scendendo in maniera preponderante: questo ha abbassato il valore dell’inflazione, nascondendo però la crescita del costo di altri beni di prima necessità, come ad esempio il settore alimentare. La Bce guarda quindi alla curva inflazionistica depurata del costo dell’energia: una curva che quindi è ancora in salita.

La situazione italiana – Il nostro Paese ha visto un aumento dell’inflazione nell’ultimo mese che ha raggiunto l’8,3%. Bisogna tenere conto del fatto che ci sono Paesi, come la Lettonia o l’Ungheria che hanno un costo della vita che sfiora o supera il 20%. La Bce nelle sue decisioni deve considerare la situazione di tutti gli Stati membri.

Come fermare l’inflazione? – L’aumento dei tassi, e quindi del costo del denaro, punta a disincentivare l’accesso al credito e la circolazione di denaro. Meno denaro in circolo equivale a meno inflazione: si rallenta la spesa pubblica e si incoraggia il risparmio. Il rialzo porta anche a un aumento del costo dei mutui perché le banche tendono a prestare denaro a prezzi più alti. Ci si può immaginare l’inflazione come una metropolitana a tutta velocità e fuori controllo: l’aumento del tasso d’interesse è il freno d’emergenza usato dalle banche centrali. È una decisione drastica ma necessaria per cercare di evitare lo schianto.