Sergio Marchionne, Ad Fiat-Chrysler

Ancora incerta la reazione dei mercati all’annuncio della possibile fusione Fiat-Chrysler. Dopo la seduta positiva di inizio settimana, nella mattinata di martedì 15 gennaio a Piazza Affari le azioni del Lingotto perdevano circa due punti percentuali (-1,64%). Resta un ottimo risultato, quello registrato nelle ultime ventiquattro ore: secondo gli analisti, sarebbe legato proprio alle dichiarazioni dell’amministratore delegato Sergio Marchionne. Il top-manager di Fiat-Chrysler, riferendosi al piano di fusione tra il gruppo torinese e quello controllato, ha fatto sapere dal salone di Detroit che «l’obiettivo è creare una sola azienda che produca auto in tutto il mondo». Resta ancora da decidere «come, quando e dove».

L’azienda automobilistica italiana dovrà «studiare l’alternativa più intelligente e fattibile per darci l’opportunità di mettere insieme queste due aziende», ha proseguito Marchionne, spiegando di volere «gestire l’uscita di Veba in modo fattibile» e considerando «il contesto in cui i mercati sono quello che sono. Se potessi l’avrei già fatta». Proprio Veba, il fondo sanitario gestito dai sindacati che controlla la parte restante di Chrysler (il 41,5%), sarebbe il principale ostacolo. Il fondo chiede più soldi per cedere le proprie quote, ma il numero uno del Lingotto è tranquillo: «la fusione tra Fiat e Chrysler si farà. Veba non resterà a lungo nell’azionariato di Chrysler, il suo obiettivo è monetizzare».

Il manager ha poi confermato che la Fiat sta lavorando con il partner cinese Guangzhou Automobile Group (Gac) per produrre in Estremo Oriente alcuni modelli del marchio Usa per eccellenza, come la Jeep. La casa di Canton, del resto, è già alleata con Fiat Chrysler per la Viaggio, berlina venduta in America e realizzata sul modello dell’Alfa Romeo Giulietta: primo esempio della produzione globalizzata voluta da Marchionne a sancire il matrimonio fra il Lingotto e Auburn Hills, quartiere generale della Chrysler Group negli States.

Silvia Morosi