Il magnate filantropo George Soros è l’uomo dell’anno per il Financial Times. «Padre della hedge fund industry e uno tra i più noti benefattori del mondo», spiega la rivista, Soros «ha instancabilmente sostenuto un sistema liberal democratico in tutto il mondo». Così il maggiore giornale economico inglese ha fotografato una tra le personalità più controverse del mondo attuale: difensore della società aperta, strenuo oppositore dell’autoritarismo, divenuto bersaglio degli emblemi del nazionalismo conservatore: Donald Trump, Vladimir Putin e Viktor Orbán.

«Si è attirato il disprezzo dei regimi autoritari» – E a ben vedere, nella scelta del «miliardario ebreo» quale person of the year, il Financial Times non rinuncia a dare rilievo anche ai suoi aspetti più discussi. «Soros – si legge sul quotidiano londinese – per più di trent’anni ha usato la filantropia per combattere l’autoritarismo, il razzismo e l’intolleranza. Attraverso il suo lungo impegno a favore dell’apertura, della libertà di stampa e dei diritti umani, si è attirato il disprezzo dei regimi autoritari e dei populisti e nazionalisti che continuano a guadagnare terreno, soprattutto in Europa».

La vita e l’attività umanitaria – George Soros nasce nel 1930 in Ungheria da una famiglia di religione ebraica e sopravvive alle violente persecuzioni compiute nel suo Paese durante la Seconda guerra mondiale. Dopo il trasferimento nel Regno Unito e la laurea conseguita alla London School of Economics, inizia a lavorare nelle banche d’affari, finché, nel 1969, decide di mettersi in proprio e di aprire un proprio fondo di investimenti. Il prestigio presto raggiunto sul panorama finanziario internazionale permette a Soros d’investire parte del suo patrimonio in attività filantropiche. Concepita verso la fine degli anni Settanta e divenuta realtà operativa nel 1993, la sua Open Societies Foundation coopera, insieme ad altre ong sovvenzionate dall’imprenditore, al fine di promuovere attività umanitarie in tutto il mondo. La difesa dei diritti delle minoranze, delle donne e degli omosessuali sono solo alcune delle battaglie perseguite dalle associazioni che Soros continua a patrocinare. Oggi, queste sono bandite in alcuni Paesi dai regimi pseudo-autoritari: Russia, Bielorussia, Kazakistan e Turkmenistan.

Le accuse – «Sono incolpato di tutto, compreso di essere l’anti-Cristo», ha detto Soros al Financial Times. «Vorrei non avere così tanti nemici, ma la prendo come un indizio del fatto che qualcosa di giusto lo sto facendo». Le teorie che vedrebbero l’attivista ungherese macchinatore di clamorosi complotti sono sostenute, nel mondo, da molte frange di estrema destra. In America, Donald Trump ha accusato Soros di finanziare la carovana di migranti che dal Centro America si sta muovendo verso il confine degli Stati Uniti e di aver fomentato l’attacco alla Sinagoga di Pittsburgh dello scorso ottobre, in cui sono morte undici persone. In Ungheria, Viktor Orbán insiste nell’affermare che Soros voglia invadere l’Europa di migranti, mentre il Regno Unito l’ha più volte criticato per essersi opposto alla Brexit promuovendo un secondo referendum per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Il futuro della fondazione – A dispetto dei suoi molti detrattori, Soros continua a occuparsi dell’attività a cui ha scelto di dedicare la vita, l’Open Societies Foundation, alle cui casse ha trasferito, solo l’anno scorso, 18 miliardi di dollari. L’88enne vuole che la fondazione continui a essere operativa anche in futuro ed è probabile che, prima di morire, deciderà di affidarne il timone al figlio Alexander.