Nella manovra di bilancio approvata dal Consiglio dei ministri lunedì sera ci sono importanti novità per la tassazione dei lavoratori autonomi. Nella finanziaria trovano spazio tre diverse flat tax per le partite Iva ma non per i lavoratori dipendenti, come invece prometteva Giorgia Meloni. Previsto anche il taglio del cuneo fiscale per i redditi bassi. Critico il presidente di Confindustria Carlo Bonomi secondo cui l’intervento «non è decisivo».

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (Ansa)

Flat tax – Non una ma tre diverse tasse piatte. Viene innanzitutto potenziata la flat tax per il regime forfettario. Non cambia l’aliquota, al 5% per i primi cinque anni delle nuove attività e poi al 15%, ma viene esteso il perimetro di agevolazione fiscale. Il limite dei ricavi dei lavoratori autonomi entro i quali si può godere della tassazione agevolata sale infatti da 65 a 85 mila euro. Per la fuoriuscita dalla flat tax area è prevista però una deroga al 2024 per chiunque superi gli 85 mila euro annui ma che rientri nei 100 mila. È stata poi introdotta ex novo la cosiddetta tassa piatta incrementale ma solo per gli autonomi, diversamente da quanto promesso dalla presidente del Consiglio: un’aliquota del 15% da applicare sugli incrementi di reddito delle partite Iva rispetto al massimale fra le dichiarazioni del triennio precedente. In questo caso non è previsto un limite sul reddito dichiarato ma sull’incremento, fissato a un massimo di 40 mila euro, superato il quale si rientra nel regime ordinario di tassazione. Saranno circa 100 mila i nuovi contribuenti interessati dall’innalzamento del tetto. Infine, viene abbassata dal 10 al 5% l’aliquota sui premi di produttività.

Cuneo fiscale – Oltre ad una serie di capitoli dedicati alla «tregua fiscale», tra stralcio delle cartelle esattoriali precedenti al 2016 e alcune regolarizzazioni di errori formali su pagamenti di imposte, ampio spazio è dedicato al taglio del cuneo fiscale per i lavoratori con redditi bassi. Dei 31 miliardi della manovra, quattro sono destinati a finanziare l’esonero contributivo del 2% per i redditi fino a 35 mila euro e del 3% per i redditi fino a 20 mila euro. In realtà, per la prima classe reddituale non cambia nulla perché la riduzione dei due punti percentuali era già stata introdotta dal governo Draghi. Chi invece guadagna meno di 20 mila euro potrà godere di un’ulteriore punto percentuale di riduzione. Per i redditi compresi tra i 15 e i 30 mila euro, secondo una simulazione della Fondazione nazionale dei commercialisti, il vantaggio per 13 mensilità di stipendio oscilla dai 24 ai 45 euro netti al mese. «L’orizzonte della legislatura è un taglio del 5% almeno – ha detto Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di presentazione della manovra – due terzi al lavoratore, un terzo all’azienda».

I punti critici – Secondo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, intervistato ieri da La Stampa, la manovra è «senza visione» e l’intervento sul cuneo fiscale «non decisivo». Da mesi il numero uno degli industriali chiede un intervento shock di 16 miliardi sul cuneo fiscale, quattro volte superiore rispetto alla cifra stanziata nella finanziaria, per avere un effetto tangibile sulle buste paga. Il risparmio mensile di cui godranno i lavoratori dipendenti sarà invece «poco più di nulla». Se i lavoratori dipendenti si dovranno accontentare di un risparmio modesto, le partite Iva, da sempre la principale constituency elettorale del centrodestra (3,6 milioni in Italia), sono quelle che godranno dei benefici maggiori: «un professionista con ricavi pari a 85 mila e quindi redditi per 53.703 euro – spiega a La Stampa Maria Cecilia Guerra, deputata Pd ed ex sottosegretaria al Mef – pagherà 9.964 euro di tasse in meno di un dipendente o un pensionato con lo stesso reddito». Un libero professionista che guadagna 85 mila euro paga il 15% di tasse, con lo stesso guadagno un lavoratore dipendente ne paga il 43%. C’è poi il tema dell’elusione fiscale che sembrerebbe essere incentivata dalla flat tax, come si legge dalla Relazione sull’evasione fiscale e contributiva allegata alla Nadef e pubblicata il cinque novembre dal ministero dell’Economia. Tancredi Marino, responsabile del dipartimento Tax dello studio legale internazionale Dwf, mette in guardia: «non credo che ci possa essere un aumento delle partite Iva a danno dei dipendenti, ma senza una stretta sui controlli, senza una vera lotta all’evasione fiscale, la propensione a non pagare le imposte è destinata a rimanere elevata».