Gli effetti della notizia si sono già fatti sentire a Piazza Affari. Nella mattina di giovedì 3 marzo il gruppo Rcs – Rizzoli Corriere della Sera – ha perso l’8,2% in Borsa, mentre il gruppo Espresso, suo diretto concorrente, ha guadagnato l’8,3%. Il motivo di tutte queste oscillazioni ? L’annuncio della fusione di La Repubblica e de La Stampa nel primo gruppo editoriale italiano dell’informazione stampata e digitale. L’accordo siglato dall’Espresso e dalla Itedi, editrice di La Stampa e Il Secolo XIX, è stato reso noto mercoledì 2 marzo da John Elkan durante una riunione di redazione nella sede del quotidiano torinese.
La nascita del polo Repubblica-La Stampa, che conta su un bacino di 5,8 milioni di lettori e oltre 2,5 milioni di utenti unici giornalieri sul web, cambia profondamente la struttura del mercato editoriale italiano. Le famiglie Agnelli (La Stampa), De Benedetti (La Repubblica) e Perrone (Il Secolo XIX) hanno firmato un memorandum d’intesa volto a incorporare Itedi all’interno del gruppo Espresso entro il primo trimestre 2017. La creazione di questo nuovo gruppo editoriale, che nel 2015 ha realizzato un fatturato complessivo di 750 milioni di euro, deve ricevere l’autorizzazione da parte dell’Antitrust: il polo che si andrebbe a presentare sul mercato supererebbe i limiti stabiliti per legge contro il monopolio dell’informazione. «Le copie dei quotidiani distribuiti da questa nuova realtà oltrepassano il 20% stabilito dalla legge del 2001», commenta Marco Gambaro, professore di economia all’Università degli Studi di Milano. «Il gruppo Espresso tra il quotidiano nazionale e le varie sezioni locali è appena sotto il limite del 20%. Quindi o la legge cambia, cosa molto poco probabile, o viene venduto qualche giornale del gruppo, oppure, come è preferibile che accada, l’Antirust adotta un atteggiamento flessibile per favorire una soluzione che aiuti l’editoria italiana in crisi. Lo stesso è accaduto con la nascita di grandi gruppi editoriali negli Stati Uniti. Sono tutti tentativi di salvare un mercato, quello dell’informazione, profondamente in difficoltà in tutto il mondo».
I primi risultati della fusione Repubblica-La Stampa sono un processo di concentrazione dell’offerta informativa, una moltiplicazione di diverse economia di scala e una razionalizzazione delle stesse. «Dal punto di vista strategico, la mossa di Repubblica è vincente perchè riesce a coprire a livello mediatico tutto il territorio nazionale», spiega il professor Gambaro. «I problemi riguarderanno la sovrapposizione delle redazioni, in particolare quelle piemontesi e liguri, già colpite dall’acquisizione del Secolo XIX. L’obiettivo potrebbe anche essere quello di fare de La Stampa il dorso locale di Repubblica». Con questa mossa il gruppo Espresso mira a presentarsi sul mercato editoriale italiano come una struttura ben gestita e dalla forte presenza mediatica. «Il quotidiano nazionale va bene, i locali pure, la parte radiofonica resiste, quella televisiva è stata abbandonata, lo stesso vale per i periodici che sono la sezione più in perdita dei gruppi editoriali», chiarisce il professore. «Per essere un vero leader informativo dovrebbe potenziare la parte web, ma forse quello è più un limite strutturale italiano che un difetto del gruppo Espresso».
E per Rcs che futuro dobbiamo aspettarci? «Il Corriere della Sera deve decidere cosa fare da grande», precisa Gambaro. «La fusione Itedi-Espresso costringe il quotidiano di via Solferino ad affronte in maniera imminente un dilemma di carattere strategico. A mio avviso, se vuole sopravvivere a livello pubblicitario e se vuole ammortizzare i costi, le possibilità sono tre. Adottare una strategia di espansione nazionale. Restare il giornale di Milano. Diventare il punto di riferimento informativo dell’elite politico-culturale italiana. In questo modo perderebbe certamente dei lettori, ma investirebbe nel vero brand di Rcs, l’unico che resiste allo stato di crisi del gruppo: Il Corrriere della Sera». La vera difficoltà non è di carattere azionario, nonostante Fca si sia ritirata da Rcs, né pubblicitario, nonostante La Stampa acquisti la pubblicità a livello nazionale dal gruppo Rizzoli. Il problema è a livello industriale. «Le operazioni tentate sinora dal Corriere per riprendersi dalla crisi sono state piuttosto deludenti», conclude il professor Gambaro. «Ora lo storico quotidiano di Milano non può più competere direttamente con Repubblica. Deve scegliere un nuovo approccio al mercato».
Camilla Colombo